"Io contro gli abusivi, ma non mollo"

La donna abita nelle case Aler di via Bolla: "Ho denunciato, mi hanno bruciato la macchina"

Il box bruciato di Georgeta Pipelea, romena che vive in una casa Aler
Il box bruciato di Georgeta Pipelea, romena che vive in una casa Aler

«A darmi la forza per continuare è stata mia figlia di 15 anni. Dopo tutto quello che è accaduto, le minacce, gli atti intimidatori, le denunce, infatti, ha dovuto affidarsi alla terapia neuropsichiatrica: aveva paura a stare a casa da sola, non si sentiva più sicura. “Vuoi che la mamma si fermi, amore?“ le ho chiesto, pensando qualcuno potesse prendersela con lei. Mi ha risposto che dovevo andare avanti. “A ogni costo, mamma“ ha sottolineato».

Georgeta Pipelea, 45 anni, è una romena molto particolare e comunque diversissima dallo stereotipo che siamo soliti incontrare sui giornali. Dove, come lei lamenta, si parla dei suoi connazionali esclusivamente come autori di furti, sparatorie e comunque autori di reati di ogni genere. Certo: di romeni come lei, in giro, ce ne sono pochi. Nel suo viso scavato da tratti quasi indiani, mentre si muove frenetica, si legge la soddisfazione: tra poco se ne andrà dalla casa Aler di 37 metri quadrati di via Bolla 42, al Gallaratese, dove dal 2006 abita con la madre 76enne, la sorella di 52 anni, la figlia e la cagnetta Luna, pagando un regolare affitto dopo che la casa le è stata assegnata dal Comune. «E se vado via ora è solo perché, dopo tanti anni, ho diritto a un appartamento più grande, non ho usato scorciatoie o conoscenze, io» ci tiene a sottolineare con comprensibile fierezza. Poi lo dichiara, quasi lo grida: «Questo è un Paese finito, senza speranza, dove non cambierà mai nulla. Io me ne vado da via Bolla, ma la mia lotta non finisce. Continuerò a battermi. Non come fate voi giornalisti, capaci solo a puntare il dito contro gli abusivi, contro chi occupa le case popolari senza averne diritto. Molti abusivi, tra i quali diversi bosniaci, pagano le bollette della luce, del gas qui in via Bolla, lo sapeva? La vera rovina di Aler non sono loro, ma chi subaffitta la casa popolare. E sono tantissimi, perlopiù italiani. Hanno il macchinone e si guardano bene dall'abitare nella loro casa Aler: risiedono altrove, in un posto migliore. Che pagano magari anche con l'affitto ottenuto illegalmente dal poveraccio a cui hanno subaffittato l'appartamento popolare».

Facciamo un giro nello stabile di sette piani e 56 appartamenti di via Bolla 42. Nelle cantine (completamente buie) molti contatori della luce e del gas sono strappati come se l'artiglio di un rapace affamato li avesse scardinati, i vetri degli ingressi comuni delle scale sono tutti rotti, così come le caselle della posta. Capitolo a parte quello dei box. In quello di Georgeta c'è la sua vettura, una Opel Astra. La macchina è ferma: gliel'ha bruciata un suo vicino il 16 giugno scorso, mentre il box era chiuso a chiave. Di proposito. Si tratta di un 50enne marocchino ben piantato che, dietro pagamento, aiuta gli abusivi, preferibilmente nordafricani, a insediarsi nelle case Aler illegalmente occupandosi lui stesso di abbattere la porta di lamiera messa da Aler per sigillare le abitazioni vuote.

«Fino ad allora ero convinta che quel tipo possedesse due box: in realtà quando ho telefonato a Aler per segnalare l'incendio doloso - che ha rischiato di far saltare tutto il palazzo visto che avevo appena fatto il pieno - mi hanno detto che il nordafricano gestisce, naturalmente in maniera del tutto illegale, ben 5 garage, due dei quali confinano con il mio. I vigili non capivano quali potessero essere le cause del rogo dell'auto e, alla fine, optarono per un corto circuito. Poi, con un amico meccanico, notammo un buco, mai visto prima, che nel muro confinante con il box a fianco, uno di quelli del vicino, portava nel mio garage. Abbastanza grande per farci passare una tubo con del liquido incendiario».

Georgeta sa di essere nel mirino del nordafricano. «Qualche giorno prima che la mia macchina fosse incendiata avevo fatto casino» spiega la donna che aveva difeso un vicino italiano settantenne impedendo al marocchino di dargli un piede di porco sulla testa. «Il nordafricano voleva impedirgli a quel modo di lamentarsi del continuo andirivieni di marocchini abusivi nello stabile, della sporcizia, dei topi e del degrado dello stabile. - spiega Georgeta -.“Se non stai zitta ti spacco la testa“ - mi aveva minacciato il marocchino - Io, che non mi faccio intimorire, l'avevo denunciato al commissariato di via Falck dove un poliziotto mi avvertì: “se si lamenta in maniera così plateale del degrado e degli illeciti nelle case popolari si deve aspettare qualcosa di brutto“; mentre di recente una funzionaria dello stesso commissariato mi ha risposto, senza mezze misure, che “ho rotto“ con la storia dei subaffitti. Ci sono rimasta male. Certo, è vero: dopo la denuncia contro il mio vicino è arrivato l'incendio della macchina».

«Sono andata in televisione insieme a Nicolò Mardegan (coordinatore dell'Ncd di Milano, ndr ). Solo lui ha segnalato la situazione di via Bolla evidenziando il degrado - conclude Georgeta -. Ho cercato di far capire alla gente che Aler deve intervenire molto di più.

Devono passare appartamento per appartamento, farsi mostrare il contratto d'affitto, quello della luce e del gas. Anche in Aler c'è brava gente, sa? Ma devono darsi una mossa. E devono cacciare il responsabile della sicurezza degli stabili».

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