L'Inferno sul palco tra cronache e paure dal mondo dei vivi

Due tragicommedie al Parenti e al «Teatro i» Il monologo della Balivo e i funerali del boss

Antonio Bozzo

Uno spazio deserto e tenebroso, dove i morti soggiornano in forma d'ombre e come in sogno. L'Inferno è stato immaginato anche così, nell'antichità, e in seguito in mille altri modi, fino ai gironi danteschi che tutti noi, sia pure distrattamente, abbiamo frequentato fin da ragazzi. Una curiosa coincidenza - ma Jung ci vedrebbe la mano sapiente della suprema sincronia - ci porta l'inferno sotto gli occhi in due teatri milanesi, nelle stesse date, dal 15 al 17 dicembre.

Al Parenti con L'inferno e la fanciulla, dove la sofferenza, o l'assenza di armonia, è annunciata fin dal titolo; al Teatro i con A porte chiuse, ispirato al testo drammaturgico che Jean Paul Sartre scrisse nel 1944. Spettacoli senza fiamme, diavoli, tenebre, giudizi universali. Spettacoli con l'inferno diventato una condizione che può accompagnare l'umanità vivente, quando precipitano le poche certezze su cui contare, e la confusione regna sovrana anche nell'abisso inesplorato dentro di noi. Al Parenti vediamo un monologo della Piccola Compagnia Dammacco, fondata in Puglia nel 2009, composta dal drammaturgo e regista Mariano Dammacco, dall'attrice Serena Balivo e dall'artista e grafica Stella Montesi. Questo «Inferno» è il primo spettacolo di una trilogia che si completerà in giugno, occasione per scoprire un teatro «anarchico e poetico» di cui critica e spettatori si stanno accorgendo. La fanciulla del titolo è Serena Balivo, che vive il suo inferno personale nella fase della crescita. Paura, inganni e delusioni le faranno uscire la parte cattiva, la rabbia di non poter raggiungere la condizione di adulto consapevole. Il testo è di Dammacco, con venature ironiche e leggerezza perfettamente sposate alla materia.

Al Teatro i di via Gaudenzio Ferrari, lo spettacolo di Andrea Adriatico prende le mosse da Sartre (per il quale «l'inferno sono gli altri») e fin dal titolo per esteso - «A porte chiuse. Dentro l'anima che cuoce» - fa capire di che si tratta. Due donne è un uomo si ritrovano, da morti, rinchiusi per l'eternità in un salotto elegante. Non possono fuggire, sono destinati a rinfacciarsi scomode verità della loro vita passata. Gioco al massacro che permette ad Adriatico di evocare (più che evocare, in realtà) vicende dell'infernale mondo abitato dai vivi. Saranno ricordati gli imbarazzanti funerali del boss Casamonica a Roma, con pioggia di petali dagli elicotteri, in volgare stile Padrino. Sarà evocato l'omicidio di Giulio Regeni in Egitto, con tutti i misteri irrisolti legati al caso.

Inferni e interni sviluppati in forma teatrale con la logica che il bolognese Andrea Adriatico ha chiamato «progetto cervicale per chi soffre di dolori al collo, dolori da peso del mondo». Viene da interrogarsi: qual è il nostro inferno quotidiano? Ognuno individui la propria risposta.

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