L'Italietta dei grandi litigi che fanno ridere il Parenti

«Qui e ora» di Mattia Torre mette in scena i difetti dello Stivale a partire da una bellicosità continua

Antonio Bozzo

Mattia Torre immagina così lo spettatore che esce dal suo spettacolo. «In poltrona ha riso, riso dalla prima all'ultima battuta. E anche adesso, in macchina, in metropolitana o a piedi, insomma mentre torna a casa, gli scappa da ridere. Poi, d'improvviso, si rabbuia e rimugina: ma che cosa avrò mai da ridere? Lo spettacolo che ha visto, in realtà fa ridere sì, ma soprattutto obbliga a riflettere: tratta dei nostri vizi nazionali, primo la sfiducia tra cittadini».

Torre parla di Qui e ora, da lui scritto e diretto, al Franco Parenti dal 14 al 19 marzo. È il secondo spettacolo del trittico che dopo Migliore con Valerio Mastandrea (un grande successo) verrà completato da 4,5,6, in maggio. «È la storia di due che si scontrano, con i loro scooter, alla periferia di una grande città - dice Torre -. Aspettano i soccorsi, sono feriti, ma dovranno aspettare più di un'ora prima che arrivi qualcuno. E che fanno? Litigano, si azzannano, ognuno farebbe a pezzi l'altro, cerca di fregarlo. Basta un banale tamponamento per metterci l'uno contro l'altro. Siamo tutti, in Italia, sempre a un passo dalla guerra civile».

Torre si scalda. Si capisce quanto gli dispiaccia che il nostro vivere quotidiano sia diventato così violento, crudo. «E andrà sempre peggio - aggiunge -. Il quadro politico è allucinante, c'è poco da sperare in un miglioramento. I miei due incidentati, intorno ai quarant'anni che diventano nemici tra le loro motociclette quasi distrutte, si sveleranno litigando. Lo spettatore si diverte, come ho detto. Le corde sono quelle della comicità, della commedia, ma il mio teatro lancia grida disperate, per invitare alla concordia e smettere di sbranarsi quasi fossimo bestie feroci».

Senza musiche e altri artifici, in scena agiscono Valerio Aprea (interpreta Claudio) e Paolo Calabresi (è Aurelio), che Torre definisce «talentuosi» - lo sono - e ringrazia attribuendo a loro gran parte del merito per la buona riuscita dello spettacolo. Torre, che conosciamo anche come regista e sceneggiatore di Boris-Il film (ispirato al celebre serial tv), ha uno sguardo impietoso sul nostro vivere (in)civile. Ogni spettacolo del trittico tratta del nostro disagio quotidiano, del punto di non ritorno al quale siamo purtroppo giunti nel Belpaese e che ci fa vergognare con il resto del mondo.

«Se il teatro potrà aprirci gli occhi - dice Torre - lo farà più facilmente a Milano. Sono esaltato dal Parenti, all'inizio ne avevo timore. È uno spazio magico: basta entrare e prendersi un caffè per partecipare al rito del teatro». Un rito civile, per fortuna.

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