Meloni scalda piazza Duomo: "Immigrazione, si cambia"

Evento milanese per la leader di Fratelli d'Italia. "Questa gestione dei flussi non ha niente di umano"

Meloni scalda piazza Duomo: "Immigrazione,  si cambia"

«No all'immigrazione di massa». Giorgia Meloni affronta e supera la prova di piazza Duomo. A due settimane dal voto che potrebbe riportarla al governo, magari da premier, torna a Milano e scalda l'entusiasmo di militanti ed elettori, disegnando la sua idea di Italia. «Se lo vorrete - ammette - io penso di poter guidare un governo così. Il punto è capire se siete pronti voi», e la platea risponde.

La città è in un passaggio delicato. Passata la sbornia del post-Expo si trova alla ricerca di una nuova prospettiva, con la responsabilità di guidare il Paese e il timore di non farcela. Il corpo del partito denuncia un clima di paura nelle strade di Milano. E la leader non delude i suoi.

«Diritto d'asilo e immigrazione sono due cose diverse - avverte - Lo abbiamo visto con gli ucraini: donne e bambini che scappavano dalla guerra, immagini molto diverse da quelle dei barconi pieni di uomini in età da lavoro. Quelli, è difficile che scappino dalla guerra». Eccola, dunque, l'idea di FdI: «Una missione europea che tratti con la Libia per fermare i barconi. Hotspot in Africa, entra chi deve e si distribuiscono migranti fra i Paesi dell'Europa. Gli altri, si rimandano a casa». Questo il diritto di asilo, altra cosa l'immigrazione economica. «Quella si gestisce con i decreti flussi», sulla base di una domanda: «Quanta ce ne serve?». Invece - constata Meloni - Hanno azzerato i decreto flussi perché tutto era coperto da quella irregolare. Se vuoi entrare, devi dare soldi agli scafisti». Assurdo. «I confini sì difendono - urla - in Italia non si entra illegalmente, anche perché in questa gestione non c'è niente di umano». Quelle persone poi, «finiscono agli angoli delle strade a spacciare e le donne a prostituirsi. La solidarietà è altra cosa».

Lo stato maggiore di FdI è al completo, ad ascoltarla. Sul palco, all'inizio, la chiama la coordinatrice lombarda Daniela Santanchè. E alla fine la affiancano tutti i candidati di Milano e della Lombardia. Ignazio La Russa è il regista dell'evento in Duomo, che fila liscio nonostante un drappello di militanti dei centri sociali, o giù di lì.

Riccardo De Corato, da poco ex assessore regionale, ora di nuovo candidato alla Camera, la saluta affettuosamente, e poi fa notare: «In questa piazza ormai ci sono solo i concerti. Solo Giorgia Meloni ha fatto un comizio qui durante questa campagna elettorale». «Non viene più nessuno - spiega - non parla nemmeno il sindaco di Milano. Lo avete mai visto parlare qui Sala? Mai, non viene più nessuno», «è una cosa vergognosa, che non parli ai milanesi. Solo Giorgia lo fa». Il coordinatore milanese del partito, Stefano Maullu, candidato dopo la capolista-presidente, sottolinea: «La manifestazione di oggi in piazza Duomo è uno straordinario successo e certifica una prospettiva e una strategia nuova e diversa per il Paese, non semplicemente diritti ma anche doveri per far diventare l'Italia più bella e più forte di prima».

E Meloni disegna la sua idea di Italia. Le sue ricette sull'economia, sull'emergenza energia in particolare. «Il salario minimo è uno specchietto per le allodole - spiega - Chi ha il contratto è coperto. I salari sono bassi perché le tasse sul lavoro sono al 45%». Si definisce «garantista nel processo, giustizialista nell'esecuzione della pena». «Quando sei condannato - sintetizza - la pena la devi fare». Illustra la sua idea di fisco, raccontando la storia del pescivendolo sanzionato per non aver indicato i nomi in latino.

«Quello è il pizzo per lavorare, e lo Stato non ti deve chiedere di pagare il pizzo per lavorare».

Non propone rivoluzioni, ma quelle che definisce «cose di buon senso». «Se lo vorrete - dice alla piazza - io penso di poter guidare un governo così. Il punto è capire se siete pronti voi». La risposta è «sì».

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