In mostra l'arte del Maestro diviso tra Goldoni e Mozart

Omaggio al regista dai primi anni alla Scala fino all'approdo al Piccolo, tra video, fotografie e costumi

Antonio Bozzo

Non c'è da vent'anni - è mancato il giorno di Natale del 1997 -, ma possiamo dire che Giorgio Strehler, il Maestro (non voleva lo chiamassero così), non se n'è mai andato. La sua eredità è una presenza, come se dall'aldilà guidasse, dittatore amorevole, la sparuta ma incisiva compagine di persone che fanno teatro, nelle sale del sistema-Piccolo, e ovunque a Milano, città che lui adottò fino a sostituirla, nel cuore e nel pensiero, alla sua Trieste.

Oggi, a rafforzare le iniziative del Piccolo in memoria del Fondatore, apre al pubblico una mostra alla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. Titolo: «Strehler fra Goldoni e Mozart», a cura di Lorenzo Arruga, promossa dal Comune in collaborazione con Piccolo Teatro, Teatro della Scala e Mondo Mostre Skira (che edita il bel catalogo). Aperta fino al 4 febbraio 2018, la mostra-laboratorio permette di seguire il lavoro che Strehler fece prima alla Scala - dove cominciò a lavorare giovanissimo - poi naturalmente al Piccolo. Il Maestro (si offenderà, dalla sua nuvoletta, noi continuano a chiamarlo così) affrontò due giganti, che sempre gli fecero compagnia: il genio salisburghese e il genio veneziano. Legati da un filo invisibile, Goldoni e Mozart hanno occupato a più riprese il fare teatro di Strehler. Il sovrintendente scaligero Alexander Pereira ricorda, attraverso un pannello in mostra, che Strehler entrò alla Scala nel 1947, ventiseienne - correva lo stesso anno di fondazione del Piccolo -, e per il grande teatro lirico firmò 35 regie, tra le quali il Don Giovanni mozartiano, con scene di Enzo Frigerio e direzione musicale di Riccardo Muti, nel 1987. Un successo clamoroso. Prima c'erano stati Le nozze di Figaro, nel 1981, e Il ratto dal serraglio, nel 1965 (allestimento tornato in scena alla Scala l'estate scorsa, con direzione musicale di Zubin Mehta, per stupire ancora una volta con la potente modernità che Strehler impresse all'opera). In mostra, si può curiosare tra video, immagini, ritagli di giornale, scene e costumi. Anche per il lavoro che Strehler fece con l'altro grande del Settecento, Carlo Goldoni, diventando soprattutto servitore di Arlecchino, la figura che mette in burla gli inganni del mondo. In fondo alla Sala delle Cariatidi, le statue di Arlecchino e del Commendatore, colonne d'Ercole di uno spazio che racconta l'impegno e il tormento di un artista complesso come Strehler (uno dei suoi collaboratori, Luigi Lunari, scrisse un libro per descriverne la durezza umana).

La mostra, abbiamo detto, accompagna le iniziative al Piccolo, che sintetizza il direttore Sergio Escobar. «Quattro serate sugli autori Cechov, Shakespeare, Brecht e Goldoni con cui Strehler intrecciò un rapporto d'amore e sintonia intellettuale. Raccontano il suo metodo attraverso testimonianze di artisti, in video e dal vivo, alternate a proiezioni di frammenti di spettacolo, letture con gli attori diplomati alla Scuola del Piccolo e a un contrappunto musicale sulle note di Fiorenzo Carpi. Un calendario di filmati integrali, anche inediti, al Chiostro Nina Vinchi, la video installazione nello Spazio RovelloDue, immagini e oggetti nei foyer del teatro, la proiezione dei 'Mémoires' di Goldoni sulla facciata di Palazzo Reale la vigilia di Natale e un documentario di Maurizio Porro completano il percorso strehleriano.

Alla fine, diceva il regista, la vera conoscenza di un'opera d'arte è un atto affettivo».

Di affetto, per fortuna, Strehler ne riceve e ne riceverà ancora tanto. Sul sito www.piccoloteatro.org tutti gli appuntamenti nel dettaglio.

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