Nove stranieri su 10 in classe E i milanesi cambiano scuola

Troppi alunni stranieri iscritti nella scuola? Ci sono famiglie milanesi, ma anche di immigrati stessi, che preferiscono iscrivere i figli in altri istituti, magari più scomodi, ma dove si sentono più sicuri perché ritengono che in classi senza stranieri si impara di più. Il fenomeno esiste e se si incrementasse rischia di creare in città nuove scuole ghetto. Tale, ad esempio, viene considerato il plesso elementare di via Paravia, in assoluto la scuole più multietnica della città dove nel giro di pochi anni la percentuale di alunni non italiani secondo il dato di ieri sta raggiungendo quota 90 per cento.
«Gli ultimi calcoli – dicono in via Paravia – parlano dell’88,2 per cento. I nuovi iscritti arrivano in ogni momento, e sono tutti non italiani». Ci sono bambini di 21 nazionalità, di ogni parte del mondo, e quelli italiani sono ormai una ristretta minoranza, al punto che in alcune classi non ce n’è nemmeno uno.
Le cause? Si dà innanzitutto la colpa al tipo di quartiere; «Qui – spiegano – ci sono interi caseggiati abitati solo da immigrati, che iscrivono i figli naturalmente qui». Sta di fatto che aggregato allo stesso circolo didattico, il plesso di via Monte Baldo ha un percentuale di iscritti stranieri che supera di poco il 20 per cento. Una percentuale nella norma per Milano, una minoranza di stranieri per lo più dirottata proprio da via Paravia. Perché qui cercano rifugio molte famiglie italiane di zona anche se quest’anno una sola famiglia ha chiesto il nulla osta. Il rifiuto della scuola affollata da alunni non italiani non si deve per questo ritenere un fenomeno arginato. «Credo che sia la scuola media dove le famiglie sentano in modo più deciso la necessità di avere un figlio in una classe di compagni per lo più italiani – spiega Francesco Capelli, il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di via Giocosa, un’altra scuola milanese a forte frequenza di alunni non italiani – Ormai alle elementari va perfino di moda mandare i figli in classi multicolori. Alle medie poi, si pensa di più all’importanza di ciò che si impara. E allora si crede che la presenza di stranieri rallenti i ritmi di insegnamento, che fornisca una formazione al ribasso: da qui la ricerca di scuole ritenute più rigorose appunto perché più su misura delle nostre tradizioni formative. Per questo anch’io ho dovuto dare qualche nulla osta di trasferimento. Ma si tratta di casi isolati. Perché qui i genitori sanno che si tratta di una scuola di qualità».
E le fughe in massa di famiglie italiane? «Ci può essere qualche caso – continua il preside Capelli – ma forse allora bisogna andare a vedere come si lavora. Se non si hanno risorse sufficienti per far fronte alla complessità dei problemi, gli insegnati sono in difficoltà ed allora sono guai. Così in poco tempo si perdono intere sezioni di utenti».


Sembra questo il caso della media di via dei Narcisi dove siamo arrivati da tre a una sola sezione nel giro di pochi anni. Ma la discriminazione più automatica avviene alle superiori: le scuole per stranieri sono ormai gli istituti professionali.

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