Parisi riempie il teatro: «Milano libera e sicura»

Dal Verme esaurito per la «prima». Rassicurante e concreto, piace a tutti

Parisi riempie il teatro: «Milano libera e sicura»

«La prossima volta lo facciamo in piazza». Stefano Parisi supera a pieni voti la prova Dal Verme. Il teatro è pieno per la prima grande uscita pubblica dopo un mese di lavoro da candidato sindaco: 1.500 persone sedute dentro e tanti altri fuori. Cori, bandiere, selfie e strette di mano. L'entusiasmo non è di circostanza e l'uomo del centrodestra nella sua ora di «comizio» - come lo chiama «per la prima volta» - trova toni e argomenti giusti.Tocca a Gabriele Albertini introdurlo e non è un caso. Parisi con lui è stato city manager. E ora l'ex sindaco assicura: «Sarà uno dei più grandi sindaci di Milano».

Parisi prende la parola. È sicuro di sé, padroneggia il palco. Usa un registro semplice e chiaro. Lo stile è colloquiale, ironico. Dialoga con gli elettori e scherza coi politici, esorcizzando col sorriso i passaggi delicati: ironizza sull'incarico di governo di Ncd. In platea ci sono alcuni dei protagonisti della «giunta intelligente» di Albertini. È quella l'eredità che Parisi richiama, avendo vissuto da protagonista la stagione migliore del centrodestra milanese. I cui frutti si vedono ancora oggi, con lo skyline mozzafiato di Porta Nuova e nuovi quartieri. Parisi avverte: «Col Pgt di Pisapia non sarebbe possibile».

Annuncia: nuovo piano del governo e nuovo regolamento edilizio nel primo anno di amministrazione. Lo fa promettere ai consiglieri, evocando la lettera di dimissioni che Albertini teneva pronta in una tasca. «Consumo zero del territorio? Il territorio va utilizzato» spiega. I passaggi centrali sono sulla sicurezza, la famiglia, la tecnologia, la sburocratizzazione. Propone asili gratuiti per i meno abbienti. Avverte chiaro e tondo che Milano deve accogliere chi è «orgoglioso di diventare milanese». Evoca il pericolo della «sottomissione» della cultura occidentale.

La sala è piena di militanti, attivisti, elettori, bandiere. «Berlusconi è a Palermo, ma mi ha telefonato stamattina per darmi in bocca al lupo» rivela Parisi. Nessun posto riservato. L'ex ministro Maurizio Lupi siede su un amplificatore accanto al palco. Dall'altra parte Matteo Salvini con la felpa gialla «Parisi sindaco» scatta foto e ascolta. I giovani padani lo acclamano come «il capitano» con cori da stadio. La «Gioventù nazionale» si fa sentire. Nelle prime file la capolista di Forza Italia Mariastella Gelmini sorride. Accanto a lei il capogruppo Pietro Tatarella. Poco distanti il coordinatore comunale Fabio Altitonante e quello dei giovani Marco Bestetti. L'ex ministro Ignazio La Russa guida i tanti «Fratelli d'Italia», alcuni siedono accanto ai centristi. Non vuole eccitare la platea Parisi. «È il suo stile, è fatto così» dice con lo sguardo fiducioso chi lavora con lui. Concretezza, understatement. Non cita praticamente mai gli avversari, se non per rilevare che «la sinistra radicale blocca tutto». Parla di Expo al futuro. Snocciola obiettivi e soluzioni.

Non tutto il programma, che viene distribuito sui tavoli fuori dalla sala. Ma spiega «il taglio». E insiste: «Non siamo affatto uguali agli altri». La ricetta è chiara: «Vogliamo meno vincoli, vogliamo crescita, vogliamo liberare Milano».

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