Il piano anti Sala di Pisapia Così il Pd finisce all'angolo

Il sindaco punta forte sulla sua vice e prova a mettere in difficoltà Renzi

Il piano anti Sala di Pisapia Così il Pd finisce all'angolo

La mossa con cui Giuliano Pisapia ha designato la sua vice Francesca Balzani come candidata a succedergli a Palazzo Marino per molti è stata, oltre che inopportuna e incauta, emotiva più che razionale. In effetti è apparso quanto meno discutibile in termini di galateo politico che il sindaco, dopo aver annunciato con tanto e inconsueto anticipo di non volersi candidare per un secondo mandato, si dia poi un gran da fare perché al posto che abbandona subentri una persona a lui gradita. Insomma buon gusto avrebbe voluto che si fosse tenuto fuori dai giochi per un posto che ha rifiutato.

Anche se adesso un po' ipocritamente si schermisce definendo «una leggenda metropolitana» la sua investitura della Balzani. Ma di Pisapia è nota l'ostilità per l'ex commissario di Expo Giuseppe Sala, per ragioni caratteriali e per storia personale ma soprattutto per una sorta di proprietà transitiva dell'antipatia, per i buoni rapporti di Sala con l'ex sindaco Letizia Moratti. Inoltre l'attuale titolare di Palazzo Marino, uomo marcatamente di sinistra, detesta le scelte politiche del premier Matteo Renzi, che considera troppo centriste se non, talvolta, perfino di destra. E fra queste scelte c'è ovviamente anche l'indicazione della candidatura di Sala. Ecco perché molti pensano che la decisione di gettare fra i piedi dell'ex commissario la candidatura della Balzani sia più emotiva che razionale; dettata più dal desiderio di far male a Renzi e a Sala «amico» della Moratti.

Ma nella scelta di Pisapia c'è anche molta razionalità, c'è una strategia tesa, più che ad assicurare l'invocata «continuità» riconsegnando alla sua sinistra Palazzo Marino, a creare problemi al Pd e di conseguenza a Renzi. Giacché è evidente che se in questa tornata di amministrative le cose dovessero andar male al Pd nelle principali piazze, per il presidente del Consiglio sarebbero guai. Insomma, una strategia più nazionale che milanese. Infatti Pisapia, che ben conosce tic, nevrosi e fobie della sinistra italiana, sa benissimo che se alle primarie passa il candidato più «moderato», cioè Sala, alle elezioni la sinistra più radicale non lo vota.

Ma sa anche che, viceversa, se le primarie designano un candidato di sinistra, anche estrema, il Pd tutto lo vota, controvoglia ma disciplinatamente: è quello che è successo nel 2011 a Pisapia, il quale dopo aver battuto alle primarie Stefano Boeri candidato «ufficiale» del Pd per la endemica indolenza degli elettori meno militanti poi, comunque, è stato votato da tutto il Pd per quel discutibile senso di responsabilità di parte che a destra non si riscontra. Insomma, con l'operazione Balzani, Pisapia sa che, come minimo, danneggia la corsa e la candidatura di Sala, bruciandogli un bel po' di voti fin dalle primarie; creando così problemi al Pd. Non è da escludere perciò che Renzi cerchi di evitare questo pericoloso intralcio, facendo in modo che Piaspia infine ritiri la candidatura di Balzani.

E così si spiegano anche le prudenti riserve di Sala che, confermando a Renzi la disponibilità a candidarsi, chiede di «evitare primarie rodeo».

Resta poi il fatto che mentre a sinistra succede di tutto e non si risparmiano colpi bassi - rischiando di farsi veramente del male - il centrodestra non ne sappia approfittare, continuando a rimandare la scelta di un candidato forte, sebbene nomi più o meno credibili ne siano stati fatti.

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