"Tornerà presto in libertà". Ecco perché Polacci ha paura della sua carnefice

Daniele Polacci ha paura per la sua vita e per quella dei suoi cari. Il 30enne, che nel gennaio del 2020 era stato aggredito da una donna con l’acido, sa che tra poco la 46enne uscirà dal carcere

"Tornerà presto in libertà". Ecco perché Polacci ha paura della sua carnefice

Daniele Polacci ha paura. Il 30enne cameriere presso un ristorante di piazza Gae Aulenti ripensa alla mattina di quel tragico 3 gennaio del 2020, quando la donna 46enne che aveva conosciuto in chat, Tamara Masia, aveva cercato di accoltellarlo e di sfregiarlo con l’acido. Lo voleva morto o almeno sfregiato per sempre perché, dopo solo pochi incontri, un paio, lui aveva osato smettere di cercarla. Tra poco la 46enne sarà libera e Polacci teme che torni a cercarlo per finire quello che aveva lasciato in sospeso, con un coltello in mano o con l’acido.

La violenta aggressione e la promessa di vendicarsi

La donna lo aveva prima aggredito spruzzandogli dello spray al peperoncino e, mentre lui si toccava gli occhi che bruciavano, lei gli aveva gettato addosso dell’acido che, colando sul viso, gli avevano provocato ustioni di secondo e terzo grado sulla guancia e anche sul collo. Era riuscito a ripararsi leggermente grazie all’ombrello che aveva in mano perché pioveva, altrimenti le ustioni sarebbero state ben più gravi ed estese.

Anche rinchiusa dietro le sbarre, la Masia ha continuato a minacciare la sua vittima con lettere, sei in tutto, in cui assicurava di volersi vendicare. Sembra che abbia anche cercato di trovare un killer per punire quell’uomo che a suo dire l’aveva sedotta e abbandonata dopo pochi incontri. La prima lettera l’aveva scritta solo cinque mesi dopo quella terribile aggressione, mentre l’ultima risale a circa un anno fa, nella quale avvertiva di cercare vendetta eterna.

Teme per la sua vita e per quella dei suoi cari

La 46enne, anche a causa di quelle missive, era stata condannata dal gup Manuela Cannavale a due anni di reclusione con rito abbreviato e due da scontare in una Rems, una Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Paolacci ha raccontato a Il Giorno:“Tre lettere erano intestate a me e due a mio padre. In tutte mi incolpava di averla fatta finire dietro le sbarre, di avere rovinato la vita a lei, che mi amava. Nelle altre invece mi accusava di averla presa in giro, delirava, minacciava anche i miei genitori. Come faccio a non vivere nel terrore sapendo che lei sta per uscire, questione di mesi, io potrei andare all'estero, ma mio padre? Mia sorella?”.

Dalle indagini era emerso che la donna, definita molto problematica e con una personalità border, stesse pensando da giorni a come mettere in pratica la sua folle vendetta. Dei vicini di casa di Paolacci avevano anche dato l’allarme dopo che l’avevano vista di fronte al palazzo in cui abita tuttora il 30enne, alla periferia est di Milano. Quando erano arrivate le forze dell’ordine, era però già andata via. Finora la vittima non ha neppure avuto un euro di risarcimento eppure, come ha precisato, “la sentenza di condanna prevedeva una provvisionale di 11mila euro. Io non ho ricevuto nulla, eppure di spese ne ho sostenute parecchie.

Il danno e la beffa, anche se il mio tormento oggi è ancora solo lei, che urla, insulta e mi vuole morto”. A più di due anni dall’aggressione con l’acido, Polacci ha paura di quella donna che tra poco uscirà dal carcere.

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