A leggere i dati degli accessi in ospedale, si sarebbe detto uno stakanovista. A leggere il capo di imputazione, in realtà sembra piuttosto un assenteista da competizione. E così il direttore di un'unità operativa del Fatebenefratelli è finito sotto inchiesta con l'accusa di truffa. Secondo la Procura, che ieri ha notificato l'avviso di conclusioni delle indagini firmato dal pubblico ministero Paolo Filippini, l'uomo avrebbe intascato oltre 30mila euro fingendo di essere al lavoro, «strisciando» il badge e poi andandosene dalla struttura, o facendo timbrare il proprio cartellino da un collega - anche lui ora sotto inchiesta -, all'entrata e all'uscita dell'ospedale, o ancora autocertificando la proprio presenza al Fatebenefratelli struttura quando in corsia non ci aveva messo nemmeno un piede. In totale, è la stima fatta dagli inquirenti, il professionista avrebbe saltato 145 giorni di lavoro in un anno - il 2013 - fingendo invece di aver prestato il proprio servizio nella struttura sanitaria.
Il professionista, si legge dunque nel capo di imputazione, in concorso con un «medico dello stesso reparto», avrebbe ha conseguito «senza aver svolto attività lavorativa, l'ingiusto profitto di euro 30.327,75, relativamente al periodo gennaio-dicembre 2013, con pari danno per l'amministrazione pubblica, azienda ospedaliera Fatebenefratelli, di cui è dipendente». Segue il lungo elenco dei trucchi che il primario avrebbe utilizzato per truffare la propria azienda. Per 63 volte - elencate nel dettaglio negli atti di indagine - tra l'11 gennaioe il 16 dicembre 2013 il medico si è fatto timbrare dalla collega «la scheda magnetica che ne attestava la presenza, nonostante non fosse presente sul posto di lavoro». Per altre 66 tra il 4 gennaio e il 10 ottobre dello stesso anno ha autocertificato, «in sostituzione della timbratura d'ingresso o di uscita dal luogo di lavoro, la sua presenza presso la struttura ospedaliera contrariamente al vero». E per altre 16 dal 12 febbraio al 16 dicembre ha attestato «tramite timbratura, contrariamente al vero, di essere presente presso la struttura ospedaliera», quando in realtà «non risulta che la persona sia giunta al Fatebenefratelli».
Il fascicolo appena chiuso da Filippini è uno di quelli finiti agli atti del procedimento davanti al Csm sullo scontro tra il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo, per l'apparente duplicazione della stessa inchiesta tra polizia e carabinieri. Come è potuto acadere. In realtà, accade quando una notizia di reato - come in questo caso - viene segnalata con un esposto anonimo a differenti forze dell'ordine e a differenti dipartimenti della Procura.
Nella vicenda del Fatebenefratelli, la denuncia è arrivato all'ufficio per i reati contro la pubblica amministrazione guidato da Robledo, e contemporaneamente alla sezione definizione affari semplici guidata da Riccardo Targetti. Una volta scoperta la doppia indagine, squadra mobile e nucleo investigativo hanno lavorato insieme, con il coordinamento di Filippini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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