Primo Maggio, la Scala in ostaggio di otto orchestrali

Su 120 musicisti ben 112 sono pronti a suonare Ma la Turandot è in bilico

Sale la temperatura in casa Scala, spaccata in due, fra pro-Turandot e contro-Turandot. La gran maggioranza del teatro vuole che il primo maggio si alzi il sipario su Turandot, ovvero l'opera di Puccini che tra l'altro segnerà il debutto del direttore d'orchestra Riccardo Chailly nel ruolo di timoniere musicale della Scala, tale dal primo gennaio (sarà alla Scala lunedì 16, ma alla testa dell'Orchestra del Gewandhaus di Lipsia). I contrari vogliono che venga onorata la festa del primo maggio, giorno consacrato ai lavoratori, dunque un no secco al palcoscenico.

I favorevoli, sposano le ragioni di Expo, sanno che con quest'opera, prescelta per l'esordio dell'Esposizione, il teatro conquista la ribalta internazionale, con tutto ciò che ne consegue. La sera del primo maggio, alla Scala ci sarebbero ospiti da tripla A, capi di Stato, diplomatici, con una copertura mediatica senza precedenti, tanti media hanno disertato l'ultimo 7 dicembre, la Prima della Scala, puntando sull'evento legato all'esordio di Expo, il New York Times per esempio. Settimana prossima, quindi a un soffio dall'insediarsi del nuovo Cda Scala (il 16 febbraio), ci sarà lo spoglio delle lettere con cui i dipendenti assicurano o no la disponibilità a rompere con il rito del primo maggio, lavorando. Una strategie, quella delle lettere, messa in campo dal sovrintendente Alexander Pereira.

Una cosa è certa. La straordinarietà del lavoro verrebbe riconosciuta con una maggiorazione variante - a seconda delle categorie - fra il 100% e il 140% in più rispetto all'onorario consueto. Che l'estenuante braccio di forza punti ad alzare l'asticella della percentuale? Ad orientare la vicenda sono solo i sani principi e ideologie della vecchia Europa, quella sempre più fuori dal mondo rampante? A proposito di percentuali. Gli orchestrali amano sottolineare la ferma posizione: da mesi ben il 94% dei 120 professori ha sottoscritto che vuole Turandot. A guidare il comparto dei sì sono le stesse prime parti, anche quelle tesserate Cgil, che è poi la sigla sindacale che intende far saltare lo spettacolo mentre Cisl, Fials e Uil hanno dato indicazioni favorevoli. Non mancano sgambetti fra i due poli. Come quello di mandare in circolo la foto di un leggio scaligero con un bigliettone con scritto «Sciopero». Lì, ben in vista sulla partitura. Immaginiamo il clima. Ora. Il teatro è tenuto in scacco da una minoranza. Quanto minoranza? I numeri non sono ancora chiari, saranno tali dopo l'exit poll di settimana prossima. La Cgil è la sigla meno gettonata dagli strumentisti scaligeri, ma in altri settori del teatro è ben presente, fra i tecnici per esempio.

Qui si annida il problema Turandot. Per la verità c'è una spaccatura all'interno della stessa Cgil. Si parte da Susanna Camusso che subito si è schierata a sostegno di Expo.

lo stesso Paolo Puglisi, segretario generale di Cgil (Sic) Milano, spinge perché si alzi il sipario il primo maggio e ha invitato delegati e iscritti a non incrociare le braccia. Quale dei due poli potrà cantare «Vincerò!» come dichiara Calaf, pretendente di Turandot, in coda alla celebre aria? E soprattutto: se vincessero i sì, a quelle prezzo verrà cantato?

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