Riccobono, «triangolo» al Parenti

L'attrice protagonista di «Coltelli nelle galline» di Harrower

Antonio Bozzo

Per sventrare le galline (vegetariani e vegani si girino dall'altra parte) servono coltelli affilati. «E quando si mettono le parole nelle cose è come sventrare la realtà per inserirvi il loro nome, dunque crearle». Andrée Ruth Shammah usa un'immagine cruda per introdurre a Coltelli nelle galline, dal 25 settembre al 10 ottobre al Franco Parenti, dopo una decina di repliche, ben accolte, a Napoli e Spoleto. La pièce è del drammaturgo scozzese David Harrower, nato nel 1966. «A me è stato portata da un'attrice, mi è piaciuta, ma è rimasto un po' nel cassetto della mente. Per interpretarlo ho scelto Eva Riccobono. Ha dimostrato tutte le doti di attrice: le avevo già indovinate dirigendola in Stasera si può entrare fuori, due stagioni fa», dice la regista. «Eva è la Giovane Donna, non ha altro nome, in una storia a tre: lei, il marito e un mugnaio. Una vicenda rustica e arcaica, di secoli fa, ma come può succedere a teatro l'epoca esatta non ha importanza. Le suggestioni della scena sono dovute a Margherita Palli. Poi ci sono gli attori Maurizio Donadoni, il marito, e Pietro Micci, il mugnaio. E la regia, che non deve frapporsi tra spettacolo e pubblico. Un testo per certi versi carico di mistero così viene capito senza ricorrere a strumenti intellettuali. Al centro c'è la parola. È stato un duro lavoro registico e di traduzione. Qual è il nome della pozzanghera nella quale ti specchi? Che azione compie il cielo sopra le nostre teste?».

Eva Riccobono, modella per i brand mondiali del fashion, ammaliata dallo spettacolo (sta girando Made in Italy, serie di Taodue), venera Shammah. «È una strega», dice sorridendo. «Altro che psicoanalista, Andrée vede dentro, riesce a raccontarmi quel che mi succede nel profondo. Bionda, alta, occhi azzurri, mi propongono ruoli per la mia fisicità. Mentre io vorrei destrutturare la bellezza, non esserne schiava. E sogno di recitare in siciliano, la mia lingua.

Qui recito con la mandibola in avanti, segno visivo dell'ignoranza di chi vive in un villaggio chiuso al mondo». Davanti allo spettacolo al Parenti, siamo tutti spinti a frugare dentro noi stessi, galline sapienti in cerca d'amore e di parole per dirlo.

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