Scala, Pereira alza il sipario «Turandot andrà in scena»

Il sovrintendente sicuro di convincere i lavoratori Smentita l'ipotesi di un concerto al posto dell'opera

Scala, Pereira alza il sipario «Turandot andrà in scena»

Ieri il sovrintendente della Scala Alexander Pereira ha ribadito che « Turandot si farà, non preoccupatevi. Sono assolutamente tranquillo». Non ci sarà nessun gala di canto in sostituzione dell'opera, come è stato scritto. E neppure si pensa a un «piano B», per esempio a una Turandot anticipata al 30 aprile: «Quel giorno non ci sarebbero i capi di Stato, chiosa Pereira». Il nodo Turandot , l'opera del Primo maggio che una minoranza della Scala non vorrebbe andasse in scena, deve essere ancora sciolto.

Riepilogo dell' affair . La rappresentazione dell'opera di Puccini cadrebbe in un giorno festivo, quindi c'è chi tira in ballo il diritto, sancito da una sentenza dalla Cassazione, di astenersi dal lavoro in occasione di feste comandate. Ragione per cui Pereira ha provveduto a trasmettere lettere ai suoi dipendenti per verificare la disponibilità a lavorare. L'area artistica, quindi orchestra e coro, è massicciamente pro-Turandot e lo è da mesi, mentre è anzitutto il comparto dei tecnici, elettricisti in testa, a opporsi mettendo così la Scala nelle condizioni di rinunciare alla più bella vetrina a disposizione. Perchè Turandot è il titolo che apre/irebbe Expo alla presenza di capi di Stato, rappresentanti di istituzioni internazionali, con un parterre difficilmente replicabile, Insomma visibilità consueta da moltiplicassi alla enne. Solo ieri il direttore generale Maria Di Freda è rientrata da Parigi, dove la Scala era in tournée. Quindi si può partire con lo spoglio delle lettere e i numeri - si sa - aiutano ad orientare le decisioni. Matteo Renzi, sollecitato sull'argomento, si è tuffato nelle fredde correnti oceaniche, oltre stretti di Gibilterra, e in netta opposizione con la linea conciliatrice assunta  dai vertici del teatro, ha detto che sarebbe pronto ad assumere misure normative pur di andare in scena con Turandot. L'Italia farebbe una figuraccia, che è vero, per lo «sciopero» scaligero: che non è vero poiché - in ogni caso - non si tratta di sciopero, ma di applicazione di un diritto (che poi sia irragionevole tale applicazione, dato il contesto, è un altro discorso). Pereira, per la verità, preferisce proseguire con la sua linea morbida e dialogante, la coltiva da tempo e gli darà ragione. «Forse si possono evitare leggi - ha precisato ieri- . Basta il buon senso». Smorza insomma i toni evitando che le posizioni possano irrigidirsi. Nel frattempo il Cda Scala è alle porte. Lunedì si riuniranno i 9 membri di un consiglio pressoché rinnovato, tra le novità Roberto Maroni in persona a rappresentare la Lombardia, molto probabilmente Claudio Descalzi per Eni, rientra Francesco Micheli, permane Bruno Ermolli. Presiede sempre Giuliano Pisapia. È ragionevole pensare che la questione finirà sul tavolo di discussione di lunedì. E poi? I tempi e le soluzioni scaligere, si sa, sono imperscrutabili. Al momento, mentre Cisl, Fials e Uil sposano la linea dei sì-Turandot, è parte della Cgil (non più compatta: lo stesso segretario Susanna Camusso vuole che si alzi il sipario) a resistere. Ed arriviamo così a un altro elemento di questo affresco. Il 2015 è l'anno della Scala autonoma dopo un cammino avventuroso e fantasmagorico per raggiungere il traguardo. Finalmente: boccata d'ossigeno.

Tuttavia questo implica che il contratto dei lavoratori potrà non tener conto di quello collettivo. Anzi, verrà ridiscusso. Feste comandate o meno, il caso Turandot può dunque offrire spunti a chi voglia far sentire voci e far pesare posizioni. Una perfetta vetrina interna, insomma.

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