In scena c'è l'Alzheimer tra dramma e commedia

La coppia Haber e Lante della Rovere nel "Padre" di Zeller. Uno sguardo sulla malattia senza retorica

In scena c'è l'Alzheimer tra dramma e commedia

Può un dramma legato al dolore collettivo della malattia regalare scorci di commedia e un finale quasi giallistico, pur commuovendo fino alla lacrime? Sì, se quella storia passa filtrata dalla magica penna di Florian Zeller, romanziere e drammaturgo francese che sta regalando, in questi primi due decenni del nuovo millennio, alcuni dei migliori testi teatrali sulla scena internazionale. Dopo A testa in giù, commedia passata a ottobre scorso sul medesimo palcoscenico con l'interpretazione di Emilio Solfrizzi e Paola Minaccioni, il Teatro Manzoni fino al 27 gennaio (ore 20.45, domenica ore 15.30) porta a una delle più premiate piéce di questo autore mai banale. Questa volta, dunque, un dramma: la storia - protagonisti principali Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere - è quella di Andrea, settantenne ex ingegnere colpito dal morbo di Alzheimer, destinato a una progressiva altalena tra demenza e lucidità, accudito faticosamente dalla figlia Anna che si arma di pietas in totale solitudine, poiché non può godere di un reale aiuto psicologico da parte del suo compagno. La malattia entra in casa di Anna travolgendo di dolore ma anche di pungente ironia e anche comicità chi vive tra quelle mura. «Il teatro di Zeller è unico spiega il regista Piero Maccarinelli questo testo, Il Padre, fa parte di una trilogia che comprende La Madre e Il Figlio: quest'ultimo andrà in scena tra una settimana a New York con una protagonista d'eccezione come Isabelle Huppert. Premi, critica e pubblico nel mondo riconoscono a Zeller un gradimento stellare. E dire che noi, all'esordio due anni fa, abbiamo faticato a trovare produttori. Poi con coraggio Goldenart di Federica Vincenti si è buttata nell'operazione, e oggi il successo soddisfa tutti noi». Ruolo istrionico per Alessandro Haber che, tra l'altro, trent'anni esatti fa recitò come padre della Lante della Rovere nel film di Pupi Avati «Storia di ragazzi e di ragazze»: «In quel caso ero un contadino spiega l'attore bolognese qui siamo in perfetto ambiente borghese. Più che istrionico, il ruolo ha a che fare con l'altalena dell'Alzheimer: in alcuni momenti sono un infante, in altri ho un'adulta lucidità. Per il ruolo, sono sincero, mi sono ispirato alla mamma di un mio amico e collega, Gigio Alberti, colpita dallo stesso morbo. Ho cercato di recuperare quella malinconia strana, lo sguardo e il modo di camminare».

Il ricordo della malattia e della scomparsa di Marina Ripa di Meana è il bagaglio doloroso (ma forse anche catartico) per Lucrezia Lante della Rovere: «Mia mamma riuscì a vedere lo

spettacolo, poi si ammalò. Però aggiunge l'attrice romana la forza di questo testo è l'assenza di retorica. Ci si commuove, ma si sorride e - dono ancora più prezioso - si impara a conoscere quel sentimento nobile che è la pietas».

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