Turbamenti in scena tra Dostoevskij e Buzzati

L'autore russo in «Ivan e il diavolo» al Parenti e «La mite» al Ringhiera. Al Menotti il «Deserto»

Antonio Bozzo

Essere giovani di nuovo per leggere, la prima volta, Fedor Dostoevskij. Impossibile tornare indietro negli anni, ma non lo è riprendere in mano romanzi e racconti di un gigante, capace di gettare luce nei recessi più insondabili dell'inconscio. Due spettacoli, al debutto, aiutano l'avvicinamemto progressivo all'autore russo dell'Ottocento. Ivan e il diavolo, con Mino Manni e Francesco Meola (adattamento e regia di Alberto Oliva e Manni), al Parenti dal 17 al 22 gennaio; La mite, di César Brie (con Clelia Cicero e Daniele Cavone Felicioni) al Ringhiera, sempre dal 17 al 22. Il primo affronta il capitolo più misterioso e grottesco dei «Fratelli Karamazov», dove Ivan incontra il diavolo, specchio nel quale rimirare la propria malvagità. Tutto rimanda ai turbamenti dell'anima di Ivan, dal bagno ridotto a latrina al degrado dell'ambiente. «La mite» è un racconto tra i più famosi di Dostoevskij, scritto nel 1876, prima dei Karamazov. La storia del suicidio di una giovane moglie è portata avanti con un dialogo tra la morta e il marito usuraio, che non si capacita della tragedia, e viene condotto alla verità da chi ha deciso di farla finita.

Grande letteratura anche al Teatro Menotti: alza il sipario (18-22 gennaio) su Il deserto dei Tartari, che Dino Buzzati considerava il libro della sua vita, e tanti ne scrisse di valore. Adattamento e regia della prima milanese, dedicata alla vedova di Buzzati, Almerina, sono di Paolo Valerio; in scena, nove attori, con lo stesso Valerio. Tutti saranno il protagonista Dogo, che dalla Fortezza Bastiani (molti la identificarono con il Corriere della Sera, dove lo scrittore lavorava) attende l'arrivo dei Tartari. «Vorrei che lo spettacolo», ha detto Valerio, «fosse una lettura possibile dell'infinito Buzzati». Le Manifatture Teatrali Milanesi mettono in scena, al Leonardo (17-29 gennaio), Il giorno più bello della mia vita, di Valeria Cavalli, che ne cura la regia con Claudio Intropido. Il giorno è quello delle nozze, indagato negli aspetti più comici e surreali. Chi si sposa nel 2017 - fanno fede le pubblicazioni - entra gratis. All'Elfo Puccini, prima nazionale con Afghanistan-Il grande gioco, nuova produzione diretta da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani. Sono i primi cinque episodi dell'affresco teatrale sulla «cerniera» della guerra commissionato dal Trycicle Theatre di Londra. Raccontano quel paese tormentato fin dall'Ottocento: un percorso che aiuta a comprendere ciò che accade non solo a Kabul. Al Cooperativa, va in scena la saga comica di Tiziano Scarpa, Groppo d'amore nella scuraglia. Protagonista, il prode Scatorchio, che parla con tutti, da Gesù agli animali più umili. Il monologo (interprete Emanuele Arrigazzi) dà voce a molti personaggi e promette valanghe di risate.

Da non perdere - e chiudiamo la panoramica - Il sogno della gioventù di e con Gianluigi Ghezzi, regia Silvia Baldini, al Campo Teatrale di via Cambiasi dal 17 al 22, poi dal 24 al 29. È la veritiera stesura di un manuale a uso delle nuove generazioni, per uscire vivi dalla gioventù che, per esempio, Paul Nizan giudicava un inferno.

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