Tutto pronto da «Ruben», ma si iscrivono solo in cento

Tutto pronto da «Ruben», ma si iscrivono solo in cento

(...) Non girano con abiti dismessi, non dormono sui cartoni per strada. I nuovi poveri non li vedi. Sono quelli che non avrebbero mai pensato di trovarsi, un giorno, senza i soldi per mettere insieme un pasto. Padri separati che dormono in macchina perché un nuovo affitto oltre al mantenimento diventa una spesa troppo grande. Over 45 che prima portavano lo stipendio a moglie e figli, poi hanno perso l'impiego e non riescono a ricollocarsi nel mercato del lavoro. Se non assumono gli under 30, figurarsi loro. Ex detenuti che ci riprovano, ma non sanno da dove cominciare, e certe associazioni non le hanno mai frequentate. Sono poveri di denaro, ma anche di certezze, affetti, cose da fare domani. Persone senza tetto esistenziale più che fisico. A loro, come ai parenti dei ricoverati negli ospedali di Milano che vengono da altre regioni per assistere i loro malati e non possono permettersi un albergo, è rivolto «Ruben», dove si può pranzare o cenare al prezzo simbolico di un euro. Nato da un'idea di Ernesto Pellegrini, re della ristorazione ed ex presidente (per undici anni, dal 1984 al 1995) dell'Inter. Il nome viene da una storia di quelle che sembrano uscite da un libro: Ruben era il contadino che lavorava la terra, quando la terra si lavorava ancora con le mani, nella cascina di via Bonfadini dove Pellegrini, 20enne, viveva con i genitori e altre famiglie in affitto. La struttura fu espropriata per un progetto edilizio, gli inquilini trasferiti ope legis altrove. Tutti tranne Ruben, che l'affitto non lo pagava, dormiva nella stalla. Ruben morì di freddo in una baracca. Pellegrini, che si era ripromesso di aiutarlo, lo venne a sapere dai giornali. Era finita troppo male, troppo presto. Quei 500 coperti in via Gonin 52, zona Giambellino, servono a questo, a evitare che finisca troppo male, troppo presto. Un ristorante, non una mensa asettica: un posto pensato per dire: «Ci saranno momenti migliori». Ma i nuovi clienti, gli «altri poveri» di oggi, finora sono solo un centinaio. Questo il numero di chi ha sottoscritto la tessera, valida per sedersi a tavola per due mesi. Troppo pochi per aprire. Così il primo giorno di vita del ristorante è rimandato. Di una decina di giorni, più o meno: una nuova data ufficiale non c'è, spiegano dagli uffici della Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus, fondata dal patron a dicembre scorso, il primo passo dell'operazione filantropica. Non che i clienti designati non ci siano. È che sfuggono alle maglie dell'assistenza tradizionale.

«Con la nostra rete ci stiamo muovendo, associazioni come Caritas e Istituto San Vincenzo ci stanno dando una grossa mano in questo senso», dicono ancora dagli uffici. Ma non è facile tirarli fuori dal cono d'ombra in cui si trovano. Che è fatto anche di discrezione, timidezza, imbarazzo nel chiedere aiuto.

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