Una «vedova» molto allegra oggi come a Vienna nel 1905

La celebre operetta di Lehar in scena stasera e domani con Maddalena Crippa che recita in tre ruoli diversi

«Ci vorrebbe la polizia teatrale per impedire che si pieghino i testi, anche più classici, a cervellotici riferimenti con l'attualità. Sono un tradimento totale: se metti in scena Medea, per esempio, non farmi vedere solo l'aspetto che rimanda ai moderni extracomunitari. Che senso ha? Medea è una mezza divinità, una donna complessa: fai parlare Euripide e tanto basta». Maddalena Crippa si scalda, ma la colpa è dell'intervistatore, che ha malamente chiesto quali parallelismi con il mondo d'oggi ha scovato nell'operetta più rappresentata del pianeta.

Come tutti sanno, è La vedova allegra - musica di Franz Lehár, libretto di Victor Léon e Leo Stein -, che debuttò nella spumeggiante Vienna del 1905, dove venne sicuramente vista da scrittori come Karl Kraus, Arthur Schnitzler, Robert Musil e dal padre della psicoanalisi, Sigmund Freud. A Milano arrivò nel 1907, al Dal Verme. Crippa la porta in scena al Franco Parenti, nell'applaudita stagione estiva, stasera e domani. «Ma tornerò tra febbraio e marzo. Due sole sere sono poche per Milano. Ora, prima di un periodo di vacanza, la porto in giro per l'Italia: il 4 agosto sarò a Mogliano Veneto».

Lo spettacolo, intitolato filologicamente L'allegra vedova (regia di Bruno Stori), è ambientato in un cafè chantant della Belle Époque. «Interpreto tre ruoli: il conte Danilo Danilowitsch, la vedova Anna Glavari e il narratore. Recito e canto. È stato molto faticoso, ma mi sono divertita tantissimo. Il lavoro mi è stato proposto da Parmaconcerti, che lo ha prodotto in collaborazione con la Compagnia Umberto Orsini: di mia spontanea iniziativa non lo avrei mai affrontato. E ora rispondo alla sua domanda tra le somiglianze di quell'epoca e oggi: allora come adesso, questa magnifica operetta regala allo spettatore un'ora e dieci minuti di puro piacere e gioia. Mi sembra che mai come ai nostri giorni ce ne sia bisogno».

Non immaginatevi una Vedova con tutti i crismi, come andava in scena nella Vienna imperiale: ricchi costumi, personaggi, musiche da grandi orchestre (Lehár l'aveva pensata così). «Ci sono chitarra, flauto, ottavino, fisarmonica, bandoneon, contrabbasso, ma neppure un violino. E abbiamo tolto il ciarpame dell'operetta, per la nostra sensibilità ridondante. E costoso. Resta l'energia del valzer, musica che aumenta le endorfine e rende allegri». Le arie musicali, arrangiate sulle originali da Giacomo Scaramuzza - arie conosciutissime anche per i numerosi film tratti dall'operetta - accompagnano la storia della vedova Anna che rischia di non andare in sposa al conte Danilo, dell'immaginario regno di Pontevedro: sventura che precipiterebbe lo staterello nella rovina. La vicenda si svolge a Parigi, nell'alta società delle diplomazie.

Al termine dello spettacolo, come di consueto, gli spettatori potranno

(biglietto 10 euro) nuotare fino a mezzanotte nella piscina Caimi. Con buona pace di Selvaggia Lucarelli, che ha satireggiato la «piscina dei ricchi» per le chiassose torme divoratrici di calippi. Assenti nella piscina del teatro.

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