Minacce col bazooka, l'esercito a Reggio

Dopo il ritrovamento dell'arma, usata come messaggio minatorio contro i magistrati calabresi, si pensa all'invio dei miltari nel capoluogo

Una telefonata al 113 ed il livello di tensione torna ad impennarsi a Reggio Calabria, se mai fosse calato. «C'è una sorpresa per il procuratore Pignatone, andate a vedere» ha detto l'ignoto messaggero della 'ndrangheta. E la «sorpresa» c'era d'avvero: un bazooka abbandonato sotto un materasso in una delle strade che conducono agli uffici della Direzione distrettuale antimafia, a poche decine di metri dal palazzo.
Un'escalation che, adesso, potrebbe portare l'Esercito a Reggio Calabria. Il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, convocato per domattina, potrebbe prendere in considerazione, infatti, l'ipotesi di chiedere al Ministro della Difesa di inviare i militari per la vigilanza di obiettivi sensibili. La Russa, da parte sua, si è detto «disponibile all'invio dell'esercito per la protezione del tribunale di Reggio Calabria. Tuttavia è necessario un provvedimento del governo. Si possono utilizzare - ha aggiunto - i soldati di "strade sicure" e spostarli a quel tribunale. Deve comunque intervenire il Comitato per la sicurezza presieduto da Roberto Maroni». La micidiale arma non era in grado di sparare. Il lanciarazzi ritrovato, di fabbricazione slava, è monouso ed era già stato utilizzato. Il messaggio, tuttavia, è chiaro ed inequivocabile. La 'ndrangheta, con i suoi sistemi intimidatori, manda a dire allo Stato che può colpire il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, come e quando vuole. Non a caso gli investigatori parlano apertamente di un «messaggio grave ed altamente significativo sul piano criminale».
Quando la polizia ha trovato il bazooka, Pignatone non era nel suo ufficio. Per impegni di lavoro, oggi era fuori città. Secco il suo commento: «questo fatto conferma la gravità della situazione di Reggio Calabria che abbiamo avuto modo di sottolineare diverse volte in questi mesi e che richiede l'attenzione di tutti gli organi responsabili». Il magistrato, comunque, ha assicurato sull'impegno e sulla serenità con cui lui ed il suo ufficio proseguiranno nel loro difficile lavoro, ed ha ricevuto la solidarietà delle massime cariche istituzionali, del mondo della politica, di tutti gli schieramenti, e dell'Anm.
Per lanciare l'ennesima minaccia, le cosche si sono servite di un telefono pubblico situato a poca distanza dal palazzo del Consiglio regionale. La cabina è stata immediatamente isolata con un telo blu e i tecnici della scientifica hanno già cominciato a fare i rilievi alla ricerca di tracce utili a risalire all'autore della telefonata. Anche l'arma sarà attentamente analizzata.
La nuova intimidazione, tra l'altro, è giunta proprio nella giornata in cui polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno eseguito oltre 200 perquisizioni in casa dei boss delle cosche non solo della città, ma di tutta la provincia, nell'ambito dell'inchiesta sulle intimidazioni ai pm. Un'operazione che non avrebbe alcun legame con il ritrovamento del bazooka. Quello che resta è il clima di tensione in città che dal gennaio scorso è salito a dismisura con un crescendo di gesti eclatanti fino ad ora sconosciuto alla 'ndrangheta, che ha sempre preferito muoversi nell'ombra per non compromettere i propri affari miliardari in tutto il mondo. Dall'attentato alla Procura generale di Reggio, è stato un continuo di minacce e intimidazioni a magistrati, giornalisti, amministratori pubblici, con il procuratore generale Salvatore Di Landro preso di mira in più occasioni, l'ultima delle quali il 26 agosto, quando una bomba esplose davanti al portone del palazzo in cui abita.
Lo stesso Pignatone era finito nel mirino il 27 maggio scorso, quando gli fu recapitata una busta contenente una lettera di minacce ed un proiettile calibro 7.65. Gesti che hanno avvelenato il clima di una città che, forse per la prima volta, ha reagito in maniera plateale, scendendo in piazza in massa, il 27 settembre scorso, quando in 40 mila hanno sfilato per le strade di Reggio aderendo all'invito del Quotidiano della Calabria per dire «no 'ndrangheta». E anche stasera la città è tornata in piazza.

Migliaia di fiaccole hanno illuminato la notte reggina. Un altro segnale che testimonia come, alla tracotanza della 'ndrangheta, la città sia sempre più decisa a rispondere con le armi di cui dispone: la partecipazione e l'impegno civile.

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