Minacce di dimissioni e colpi bassi Nel Pd scatta la caccia alle poltrone

In Piemonte, Campania e Sicilia i dl si dividono Del Turco fa vacillare la giunta abruzzese, poi intervengono Prodi, Marini e Veltroni

da Milano

Nel giorno in cui il tribunale civile di Roma ha respinto il ricorso di Marco Pannella contro la sua esclusione dalla corsa per la leadership del Partito democratico, in molte regioni si scatena il rush finale per le leadership locali del futuro partito. Oggi, infatti, scade il termine per la presentazione delle candidature alle segreterie regionali e in molte realtà i giochi sono ancora aperti. Insomma, se a livello nazionale la confluenza di Ds e Margherita si presenta come una fusione fredda, con Walter Veltroni «uomo solo al comando» e gli altri concorrenti (Rosy Bindi, Enrico Letta, Furio Colombo, Mario Adinolfi, Jacopo Gavazzoli Schettini, Piergiorgo Gawronski) nel ruolo di comprimari condannati a una «bella sconfitta», a livello regionale non si può dire lo stesso.
In attesa degli ultimissimi colpi di scena, le questioni ancora aperte sono molte e importanti. Piemonte, Abruzzo, Campania, Sicilia e Sardegna, dove non ha funzionato l’accordo pro Veltroni concluso a Roma dai vertici di Quercia e Margherita, sono i casi più spinosi. Ma gli sponsor del segretario in pectore dormono sonni agitati anche in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Puglia. E in Calabria solo la candidatura del viceministro ds dell’Interno Marco Minniti placa la guerra interna alla Quercia.
Piemonte. Il patto prevedeva la candidatura unica pro Veltroni dell’eurodeputato rutelliano Gianluca Susta ma a sparigliare le carte è stato il presidente dei dl piemontesi, Gianfranco Morgando, a favore del quale si sono schierati i vertici regionali dei Ds («anche Morgando è per Veltroni», hanno spiegato), oltre che i sostenitori piemontesi di Letta. Morgando ha annunciato il «ticket» con il ds Roberto Tricarico, fedelissimo del sindaco di Torino Sergio Chiamparino. E Fassino ha dovuto con pazienza piemontese invitare i suoi «a farsi carico dell’orientamento a favore di Susta».
Abruzzo. Qui al Pd, anzi alla Margherita, è quasi riuscito il colpo di far cadere la giunta di centrosinistra. In lizza sono rimasti due dl: il sindaco di Pescara e candidato «ufficiale», Luciano D’Alfonso, e l’assessore regionale Tommaso Ginoble, sostenuto dal presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, che aveva minacciato di dimettersi per protesta contro la candidatura di D’Alfonso. Per convincere il neofita del Pd (Del Turco ha aderito al progetto del nuovo partito solo in maggio, dopo aver abbandonato lo Sdi) a lasciar perdere sono stati costretti a intervenire Romano Prodi, presidente del Consiglio e «padre» del Partito democratico, Franco Marini, presidente del Senato e abruzzese più alto in grado nella Margherita e nelle istituzioni, e il candidato in pectore Veltroni. Dopo una giornata di bagarre, con i Ds che rassicuravano il governatore sul loro apprezzamento dell’operato della giunta (e sulla sua ricandidatura alla Regione) e l’Italia dei valori a dire «molto meglio le elezioni anticipate», Del Turco è rientrato nei ranghi. A suo avviso, infatti, con la presenza di due candidati alla guida del Pd abruzzese «si evita quella sorta di plebiscito dal plebiscito nasceva non solo il segretario del Pd ma anche un antagonista alla presidenza della giunta».
Campania. Nei giorni successivi alla rinuncia di Ciriaco De Mita («mi dovreste fare un monumento», aveva detto l’ex premier a Fassino e Rutelli), hanno annunciato la candidatura, o sono stati candidati da sponsor più o meno autorevoli, ben quattro concorrenti. Che sono l’ex parlamentare della Margherita Salvatore Piccolo (coordinatore dei dl napoletani); il deputato dl Tino Iannuzzi, fedelissimo di De Mita e sostenuto da Veltroni; Sandro de Franciscis, presidente dl della Provincia di Caserta appoggiato dai rutelliani campani; e il docente universitario Eugenio Mazzarella, sponsorizzato da Letta. Nella regione più importante del Sud la Quercia è fuori dai giochi nonostante il governatore Antonio Bassolino, e la Margherita è lacerata nonostante il passo indietro dell’eterno deus ex machina di Nusco.
Sicilia. I vertici nazionali di Quercia e Margherita avevano benedetto il ticket composto da Francantonio Genovese, sindaco dl di Messina, e Tonino Russo, leader regionale della Quercia. E tutto sembrava filare liscio fino a un paio di giorni fa. Ma non appena il parlamentare ds Giuseppe Lumia, ex presidente della commissione Antimafia, si è dichiarato disponibile a candidarsi ha raccolto il sostegno della Confcommercio di Palermo. Ieri Veltroni e il suo vice in pectore Dario Franceschini hanno chiesto a Lumia di ritirarsi. E mentre l’ex presidente della commissione Antimafia decideva che cosa fare, per poi rinunciare, a scompigliare il centrosinistra siciliano scendeva in campo Ferdinando Latteri, rettore dell’Università di Catania e deputato della Margherita di stretta osservanza rutelliana. L’uomo di Letta per la guida del Pd siciliano, invece, Salvatore Messana, sindaco di Caltanissetta.
Sardegna. Lo scontro aperto fra il presidente della Regione, l’«antipolitico» Renato Soru, e il parlamentare ds Antonello Cabras, candidato ufficiale della Quercia, sembra destinato a continuare anche dopo la scadenza del termine. Nei giorni scorsi a sostegno di Soru si erano schierati 240 esponenti dei ds sardi fra i quali buona parte dei consiglieri regionali, tre assessori regionali e numerosi sindaci e consiglieri comunali. Poi si è fatto sotto il terzo incomodo: Filippo Spanu, segretario regionale di Confartigianato. In seguito Soru ha dettato le condizioni alle quali si sarebbe ritirato: elezione diretta del segretario del Pd sardo; primarie per tutte le candidature alle cariche pubbliche; limite massimo di due mandati per gli eletti.

Cabras ha replicato «se il presidente non è candidato io non sono candidato». Ma il faccia a faccia di ieri pomeriggio fra Soru e il senatore ds che si è svolto a casa del governatore si è concluso con un nulla di fatto: entrambi candidati.

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