Moda, ballo e ali di pollo Big Nba oltre lo sciopero

Moda, ballo e ali di pollo Big Nba oltre lo sciopero

Un antico modo di dire americano, originato però da un poema inglese del Quattrocento, ammonisce che chi sta con le mani in mano è strumento preferito del diavolo. E allora è evidente che tantissimi giocatori Nba sono più devoti e pii di quanto non si penserebbe. C’è il lockout, ovvero il blocco delle attività Nba voluto da proprietari e ora aggravato dalla decisione del sindacato giocatori di fare causa alla lega per violazione della legge antitrust? Guai a stare fermi, scatterebbero cattivi pensieri e la puzza di zolfo infernale si avvicinerebbe in maniera nauseante. Del resto, alcuni di questi atleti non hanno alcun bisogno di stimoli, specialmente quelli che si sono gettati nel mondo della produzione musicale o cinematografica, settore peraltro pericolosissimo perché spunta sempre l’amico di infanzia che sapendoti benestante ti chiede aiuto per mettere in piedi un mixtape e se acconsenti non sai mai cosa accadrà.
Baron Davis, uno dei volti più noti e chiassosi, geniale ed esteta, seguace di mode, ha unito passione e secondo lavoro e girato un documentario sul crollo del buon gusto sartoriale di tanti americani: a parte il fatto che un qualunque europeo potrebbe chiedersi quando mai ci sia stato, lì, il tono giusto nel vestire, il buon Davis poteva certamente iniziare da tanti suoi colleghi, spesso abbigliati in maniera immonda e con l’aggravante di sentirsi in realtà modelli di stile, anche perché nessuno del loro entourage oserebbe mai arguire il contrario. Nel mondo della moda, sportiva e non, si sono mossi Brandon Jennings, l’ex giovanissimo playmaker di Roma, che ha fatto tirocinio - presumibilmente senza dover portar fuori la spazzatura - presso la Under Armour, suo sponsor, e Amar’e Stoudemire, che in accordo con la stilista Rachel Ray ha disegnato un paio di occhiali con montatura nera diventati presenza fissa sul suo naso.
Alcuni hanno scelto di venire a giocare in Europa, in alcuni casi però con la scadente mentalità di chi crede che un grande passato e presenta Nba sia garanzia di successo in terre facilmente colonizzabili: anche se le prime cinque settimane di Eurolega hanno visto come Mvp tutti ex giocatori Nba va notato come due di loro - premiati due volte a testa - siano europei, Nicolas Batum del Nancy e Andrei Kirilenko del Cska Mosca, quasi a confermare che alcuni atleti di autostima alta ma eccessiva avrebbero fatto meglio a starsene a casa loro. Uno che avrebbe invece dovuto venire in Europa anche a nuoto, seminando gli inseguitori e soprattutto le inseguitrici, è Kris Humphries: purtroppo per lui, si è sposato con Kim Kardashian, stella televisiva senza meriti particolari, che da poche settimane lo ha già salutato, tenendosi - pare - l’anello di fidanzamento da due milioni di dollari. Ma Humphries, che non viene ritenuto un genio nei giri Nba, non può incolpare il lockout, dal momento che il matrimonio è stato celebrato il 20 agosto, periodo in cui il ragazzo non avrebbe comunque avuto impegni, e non solo perché il suo contratto con i New Jersey Nets era già scaduto.
Segue la sua inclinazione da buongustaio Drew Gooden che, in collaborazione con la catena Wingstop, sta aprendo quattro locali che hanno per specialità le ali di pollo. Controcorrente Delonte West, che su Twitter ha annunciato di avere chiesto un posto come commesso in un negozio, ma non è stato nemmeno un gesto così originale. Nel 1999, appena arrivato nella Nba, analoga mossa, quasi un’assicurazione contro un eventuale fallimento, l’aveva fatta Ron Artest, che non fu smosso neppure dalla (presunta) risposta dell’addetto al personale che aveva ricevuto il modulo: «ma se sei sempre in giro con i Bulls come puoi venire qui a timbrare il cartellino?». Ecco, Artest.

Il più attivo, e non sorprende: intanto perché trovando libero l’ufficio anagrafe ha cambiato nome in Metta World Peace, evocativo, funky e incomprensibile al tempo stesso, poi perché nei lunghi mesi di lockout si è messo a fare il comico in piccoli locali ed ha partecipato all’edizione americana di Ballando con le stelle, dove però è durato pochissimo, nemmeno il tempo di scambiarsi consigli con Elisabetta Canalis. Insomma, non è stato fermo un attimo, Metta. Forse quel detto sul diavolo se lo ricordava bene, e con il nome pacifico e pacifista che porta non voleva certo scherzare con il fuoco. Quello eterno, ovviamente.

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