Il modello Veneto: «Ecco come si fa una giunta in 48 ore»

Tutto in 48 ore, come Nick Nolte, in anticipo scandinavo rispetto alle altre regioni ancora in alto mare con la complicata arte della distribuzione poltrone. In Veneto invece, come nei romanzi di Camon, ci si sveglia presto e si lavora duro fino al calar del sole. Qui ne sono bastate due, di notti, per mettere in piedi la nuova giunta di Luca Zaia, solo due ore in meno rispetto al varo del terzo governo Galan, ma quello, per l’appunto, era il terzo... Nominato governatore mercoledì, la squadra zaiesca era già pronta venerdì, col cerchio chiuso in una saletta dell’hotel Sheraton di Padova, dove da ultimo, a festa finita, il capo della Lega veneta Giampaolo Gobbo, altro regista del record, si è congedato da tutti alla maniera locale: «Viva San Marco che ghe sta sempre ben e tra poco è la sua festa».
Modello Veneto, lavoro duro e poche chiacchiere, nuovo laboratorio dell’asse (virato a Nord) Lega-Pdl. Sì, ma il trucco dov’è? Certo, la vittoria era annunciata, e quindi le diplomazie si erano mosse molto prima per far quadrare tutto e non far sfigurare Zaia, che aveva promesso di procedere spedito con le nomine. «Se ci fosse stato un interesse “poltronaio” probabilmente saremmo ancora qui a litigare» racconta il neopresidente al fulmicotone.
Vero è che il Veneto non è l’isola-regno di Utopia, insomma anche qui i partiti si contendono gli assessorati che contano, anche qui le correnti spingono per ottenere un posto, anche qui ci sono padrini e pupilli in gara tra loro. Eppure la nomina fulminea della giunta lascia intravedere un metodo pragmatico lontano dagli equilbrismi partitici stile Prima repubblica, e che potrebbe segnare la strada per quella futura federazione Lega-Pdl immaginata da Bondi (e a cui Osvaldo Napoli aggiungerebbe l’Udc). Raccontano gli strateghi del Pdl, che in Veneto - diversamente dalla Lombardia o dalla Calabria dove la vittoria era altrettanto probabile - la squadra era già individuata e pressoché certa da tempo, la lista era pronta, con solo una variabile sulla divisione degli assessorati, oscillante tra il 7-5 e il 6-6, a seconda del risultato della Lega. Insomma, tutto chiaro salvo ritocchi finali. La domanda è: perché in Veneto sì e in Lombardia (per non parlare di Lazio e Campania) no? Perché, dicono, l’asse Pdl-Lega in Veneto è più compatto, meno frastagliato in correnti, centri di potere (come Cl e Compagnia delle Opere in Lombardia), anime minoritarie che, una volta pesate con i voti (e perciò i giochi si fanno dopo le elezioni...), pretendono una quota di governo. Certo, anche nel centrodestra veneto, ci sono differenti colorazioni: i fedeli di Galan, quelli che fanno capo al sottosegretario Aldo Brancher, i laici dell’area Sacconi (il ministro ex socialista), gli ex An, e di là i leghisti divisi territorialmente nelle varie roccheforti (la Verona di Tosi, la Treviso di Zaia e Gobbo). Tuttavia ci sono fattori che hanno pesato di più. Lo stile «decisionista» della nuova generazione di amministratori leghisti, come appunto Zaia, che ha risolto le questioni ancora aperte nel giro di un giorno. Poi, il fatto che la coalizione vincente era formata sostanzialmente da due partiti, che hanno ottenuto il 59% dei voti, distanziando di un abisso il terzo alleato, l’Alleanza di centro, fermo allo 0,80%, e quindi ininfluente nel «poltronoku»... Neppure il gioco delle correnti ha mai ostacolato il puzzle preventivo delle poltrone, come invece rischia di avvenire altrove. Anche perché, racconta un deputato, «ci sono tante di quelle nomine ancora da fare in Veneto, che ci sarà modo di accontentare tutti». In Piemonte, altro tassello dell’asse vincente Lega-Pdl, si procede sulla stessa linea e infatti Cota dovrebbe arrivare a presentare la sua squadra entro venerdì, a una settimana dalla proclamazione. Rapidi, ma ancora lontani, però, dal record veneto delle 48 ore.
La Lega, che in Veneto ha 10 punti più del Pdl, ha tenuto la Sanità, ma agli alleati sono andati assessorati «ricchi» come le Infrastrutture, i Lavori pubblici, la Scuola e l’Agricoltura. A proposito di agricoltura, entro una decina di giorni, dopo il vertice ad Arcore di stasera (cui parteciperà Zaia), ci sarà il cambio al ministero ancora occupato dal neopresidente del Veneto. Anche qui, nonostante l’atmosfera di suspense montata dalla Lega, i giochi sembrano fatti.

Sarà Galan, governatore uscente, a succedere a Zaia, con uno scambio perfetto di poltrone. Il leghista sta preparando dei dossier da lasciare in eredità a Galan, in modo da assicurare «continuità» al ministero. Un altro fronte dell’asse nordista.

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