Quando il 10 dicembre il Tak prendeva di mira le forze di polizia in Turchia, causando una strage fuori dalla Vodafone Arena del Besiktas, Fatih Cakmak stava lavorando come bodyguard in uno dei santuari del calcio di Istanbul.
A quell'attacco, che si sarebbe portato via quasi 40 vite, molte delle quali tra le forze di polizia, Fatih era sopravvissuto. Una fortuna che non si è ripetuta ieri sera, quando a finire sotto attacco è stato il Reina. Un uomo armato di kalashnikov ha aperto il fuoco, un'altra strage si è consumata. E questa volta Fatih non ce l'ha fatta, come pure Hatice Karcilar, 27enne e sua collega.
Non ce l'ha fatta nemmeno Kenan Kutluk, che a differenza delle centinaia di persone accorse al club di Istanbul, per festeggiare l'arrivo dell'anno nuovo, ieri sera stava lavorando. Era cameriere Kenan. Ma era anche un uomo sposato e il padre di due bambine piccole. È morto anche lui sulle rive del Bosforo, all'ombra del Ponte dei martiri del 15 luglio.
È morto come Leanne Nasser, che di anni ne aveva soltanto 18 e che era originaria della città di Tira, in Israele. Con lei c'erano altre tre persone, della sua stessa zona, per dare l'addio al 2016. Un weekend lungo a Istanbul tra amiche, che si è concluso nel peggiore dei modi.
Giovane, giovanissima, come Jalal Abbas, iracheno, che a Istanbul studiava all'Università Kemerburgaz.
Sono libiche, libanesi, marocchine, israeliane, saudite le vittime dell'attacco.
Ma vengono anche dal Canada, dall'India, da Tunisia e Iraq. E sono anche turche. Turche come Fatih, come Kenan. O come Burak Yıldız, poliziotto ventunenne, ammazzato dal killer fuori dal Reina, prima di entrare e mettere in atto la strage.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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