Non è facile incontrarsi a Tokyo. Non è facile rompere il ghiaccio, non è semplice vincere la timidezza e spiegare – con le parole – quello che vuol gridare il cuore. Però c’è un posto in cui farlo diventa (un po’) più facile. Al Ueno Koen, il parco di Ueno, dove le coppie, vecchie e nuove, lasciano che siano gli occhi a parlare.
C’è un grande lago, coperto di ninfee e popolato di anatre in cui nuotano le onnipresenti carpe. Scure, stavolta. Si nascondono a pelo d’acqua, aspettano (invano) che qualcuno violi i ferrei regolamenti che impediscono di dar loro cibo. C’è un piccolo imbarcadero, qui. A cui si accede dopo aver superato un delizioso tempio shinto, il Benten-do. Col tetto ottogonale, qui, sorvegliati da un drago, si venera la dea della fortuna a cui tanti spasimanti affidano i patemi del loro cuore.
Si attraversano dei ponti, sotto cui scorrono piccoli ruscelletti artificiali in cui le tartarughe lottano contro le piccole dighe che regolano i flussi d’acqua mentre, poco più in là, i fiori di loto si aprono al caldo e instancabile sole giapponese.
All’imbarcadero si può affittare una barchetta per far la gita sulle acque del lago Shinobazu e, se la dea che abita il Benten-do sarà benevola, al tramonto si alzeranno in volo anche i rari cormorani selvatici che vivono qui, in un’oasi verde nel bel mezzo della capitale nipponica.
Ma il cuore romantico di Ueno Koen di sera si sposta a ridosso del Museo Nazionale. Qui, senza abbandonare il parco, ci si siede accanto alle fontane che spruzzano giochi d’acqua cangianti che scherzano con le luci. Mentre c'è chi si attarda ancora a far jogging, sulle panchine, appena il sole scende, coppie di ragazzi si danno appuntamento.
Ci sono ragazzine vestite alla marinara, con la divisa di scuola e giovani vestiti da grandi, con camicia bianca e calzoni scuri, la “divisa” civile dei salary men. Non parlano, si tengono per mano, confondono i loro sguardi. Che senso ha parlarsi se tutt’intorno c’è la bellezza che canta?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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