Così le democrazie in guerra con se stesse hanno sottovalutato lo Zar

Nell'invadere l'Ucraina, Vladimir Putin potrebbe aver scommesso sul fatto che l'occidente in costante crisi d'identità e in guerra con se stesso, non sia in grado di reagire

Così le democrazie in guerra con se stesse hanno sottovalutato lo Zar

Una "guerra metafisica" della Russia contro il decadente occidente o, per citare il politologo Samuel P. Huntington, una sorta di "scontro di civiltà": "nel mondo post-Guerra fredda, le principali distinzioni tra i vari popoli non sono di carattere ideologico, politico o economico, bensì culturale" sosteneva l'illustre politologo americano. Anche se l'invasione russa dell'Ucraina ha motivazioni strettamente geopolitiche e geostrategiche, emblatiche sono le parole pronunciate patriarca di Mosca che tanto hanno fatto discutere in occidente. Ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali, ha spiegato, "non ha solo un significato politico". Stiamo parlando di qualcosa di diverso e molto più importante della politica. Stiamo parlando, ha sottolineato, "della salvezza umana, su dove finirà l’umanità, da che parte di Dio Salvatore, che viene nel mondo come Giudice e Creatore". Tutto quanto indica che siamo entrati in una lotta che non ha senso un fisico, "ma un significato metafisico".

Putin, la scommessa sulla decadenza dell'occidente

Nell'invadere l'Ucraina, il presidente russo e la sua cerchia hanno certamente messo sul piato rischi e benefici di un intervento militare e le possibili conseguenze. Un freddo calcolo dettato dalla realpolitk. Ma come nota il New York Times, il presidente russo potrebbe scommettere che l'occidente sia così "decadente" che gli "spasmi dell'indignazione" un giorno passeranno e gli affari, come al solito, riprenderanno senza conseguenze durature per la Russia - mentre quest'ultima volge il suo sguardo sempre più verso Pechino. Altra ipotesi, secondo il Nyt, è che Putin potrebbe credere che l'era della globalizzazione guidata a guida americana stia finendo in ogni caso, che dopo la pandemia alcuni muri rimarranno in piedi ovunque e che l'obiettivo per i prossimi 50 anni è quello di consolidare ciò che si possiede: le risorse , talento, persone, territorio — all'interno delle mura della propria civiltà. Si tratterebbe di un un mondo diviso in quella che Bruno Maçães ha definito "stati di civiltà", grandi potenze culturalmente coese che aspirano, non al dominio del mondo, ma a diventare universi a sé stanti - ciascuno, forse, sotto il proprio ombrello nucleare. Una visione del mondo - unita alla visione tradizionale della geopolitica della scuola Russia - che ricorda proprio Samuel P. Huntington e il suo The Clash of Civilizations, non privo di (grossi) limiti ma decisamente più attuale della Fine della storia di Fukuyama.

Sotto questa luce, scrive sempre Ross Douthar sul New York Times, l'invasione dell'Ucraina potrebbe essere un tentativo di forgiare con la forza quello che lo scrittore nazionalista russo Anatoly Karlin chiama "mondo russo", il che che significa "una civiltà tecnologica in gran parte autonoma, completa di un proprio programma spaziale e visioni tecnologiche che si estendono da Brest a Vladivostok". Sullo sfondo, permangono le questioni geopolitiche. L'occidente non ha saputo comprendere la Russia, la sua visione del mondo, la sindrome dell'accerchiamento che ha portato all'aggressione di uno stato sovrano, sottovalutandola e non riuscendo a prevenire le sue mosse. Come riportato da InsideOver, infatti, l’Occidente, dopo la fine della Guerra Fredda, si è cullato nell’illusione, pericolosa, che nessuna potenza ragionasse più secondo la logica dell’equilibrio del potere, ma alcuni illustri studiosi avevano messo in guardia le potenze occidentali da questa visione distorta delle relazioni internazionali. Il dato fondamentale è che viviamo in un sistema internazionale anarchico, e le potenze sono impegnate in una sfida volta a massimizzare la loro sicurezza. Per la Russia, l’Ucraina rappresenta un interesse strategico fondamentale, ed è per questo motivo che nessun presidente non potrebbe mai accettare un ingresso di Kiev nella Nato.

Così abbiamo sottovaluto lo Zar e non abbiamo capito la Russia

Ma cosa c'è dietro questo errore di calcolo dell'occidente nei confronti di Mosca? Come osserva Federico Rampini sul Corriere della Sera, è la smobilitazione ideologica dell’Occidente: "da tempo concentrato nel processare se stesso, criminalizzare la propria storia, colpevolizzarsi per gli orrori dell’imperialismo. Solo il proprio". Putin e Xi Jinping, osseerva Rampini, hanno "strategie diverse" ma convergono su una diagnosi: "l’Occidente è in una decadenza irreversibile, confermata dal nostro crollo di autostima". E quando il patriarca ortodosso prende le difese di Putin, spiega, "non è solo l’erede di un’alleanza storica fra la religione e gli Zar", è anche "il capo spirituale di un mondo che ci considera una società molle, perché ormai priva di certezze".

Può una società in perenne crisi d'identità e in costante guerra con se stessa, che distrugge i propri simboli in nome della cancel culture, che si divide in tante piccole minoranze in competizione fra loro, essere in grado di fronteggiare una sfida, epocale, come la guerra in Ucraina? Risposta a cui solo il tempo saprà rispondere.

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