Il presentatore dichiara in un'intervista che i musulmani di Francia dovrebbero essere "deportati" per evitare "il caos e la guerra civile" e ventiquattr'ore dopo viene licenziato dalla televisione per cui lavorava.
Eric Zemmour è un personaggio di quelli che spaccano l'opinione pubblica: le sue prese di posizione sono nette, non lasciano spazio a ombre o dubbi interpretativi. Ne avevamo parlato in occasione del boom del suo saggio storico Le suicide français, che si era imposto in classifica staccando il bestseller della Trierweiler infarcito di gossip piccanti sul presidente Hollande.
Da tempo noto per le sue posizioni molto critiche nei confronti dell'immigrazione (lui stesso è di origini ebraiche ed algerine), da alcuni definite islamofobe e scioviniste, in un'intervista al Corriere della Sera, Zemmour ha ribadito molte delle sue estreme teorie politiche. L'immigrazione e il multiculturalismo sarebbero all'origine dei mali del secolo e del declino della società francese nelle sue istituzioni tradizionali: famiglia, Stato, lavoro, scuola.
In Francia è subito (ri)esploso il dibattito sulla libertà di parola, con le associazioni anti-razziste e la sinistra che plaudono al licenziamento e il centrodestra (ma anche qualche esponente della gauche) che puntano il dito contro quella che appare come un'insopportabile censura.
La decisione dell'emittente I-Télé non è piaciuta nemmeno all'editorialista del Corriere Pierluigi Battista, che nel corsivo di ieri rivendicava la necessità della "libertà di criticare", giudicando la
censura di Zemmour come "detestabile". Su Facebook, i sostenitori di Zemmour hanno immediatamente lanciato una petizione a favore della riassunzione dell'intellettuale: in poche ore sono già state raccolte oltre 12.000 firme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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