L'ebola sbarca in Europa. Dopo gli Stati Uniti anche la Spagna ha rimpatriato un cittadino colpito dal virus. Sarebbe così il primo caso di un malato che mette piede nel Vecchio Continente. Mentre l’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) ha convocato una riunione d’emergenza per prendere, nel giro di un paio di giorni, le misure da prendere per far fronte a un'epidemia che non riescono più a contenere, il virus ha contagiato già 1.711 persone. Di queste 932 sono morte. Soltanto dal 2 al 4 agosto, in Guinea Conakry, Liberia, Sierra Leona e Nigeria, ci sono stati 108 casi nuovi e 45 decessi. E questa mattina è stato registrato anche il primo decesso in Arabia Saudita: di rientro dalla Sierra Leone, è stato stroncato da un arresto cardiaco con sintomi riconducibili al virus.
Il governo spagnolo ha inviato un aereo dell’aeronautica in Liberia per rimpatriare Miguel Pajares, un anziano missionario spagnolo contagiato dal virus. Si tratta del primo paziente positivo al micidiale virus che tocca il suolo europeo. Le autorità spagnole hanno comunque tenuto a precisare che il rischio di contagio è "molto basso". Raggiunto telefonicamente dall'emittente spagnola ABC il sacerdote si è detto molto felice del rimpatrio: "Mi solleva il morale, è fantastico, vale la pena di lottare". Da venerdì il missionario, in Liberia da cinquant'anni, si trovava in isolamento all’ospedale San Giuseppe di Monrovia, dove lavora da sette anni insieme ad altre cinque persone dell'ordine religioso di San Giovanni di Dio. È stato proprio l’ordine religioso a sollecitare il rimpatrio del sacerdote. Il nosocomio è stato chiuso dopo la morte del direttore Patrick Nshamdzea che il religioso spagnolo aveva accudito. L’ordine religioso ha reso noto che sono risultate positive al virus anche due sorelle missionarie dell’Immacolata Concezione, Chantal Pascaline Mutwamene (congolese) e Paciencia Melgar (guineiana). "La situazione è molto grave in Liberia: molti stanno morendo, le persone non sono ben curate - ha detto Melgar all’emittente TVE spagnola - non c’è una forte struttura sanitaria in grado di farvi fronte a questa emergenza, non ci sono abbastanza mezzi e la maggior parte delle vittime nuore di abbandono".
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