Tra le "Ghost town" dell'America dimenticata

Negli Stati Uniti ci sono quasi 4 mila città e villaggi abbandonati. In un paese dinamico la fortuna (o sfortuna) di un centro urbano può cambiare nel giro di pochi anni

Tra le "Ghost town" dell'America dimenticata

L’America è un Paese giovane. Giovanissimo. Nonostante i segni d’affanno degli ultimi due decenni, tra guerre infinite e crisi economica, continua a mostrarsi dinamico. Per gli americani è normale non rimanere tutta la vita nello stesso luogo, cambiare, casa e lavoro e muoversi. E spesso con le persone si muovono anche le città. Sembra un controsenso ma così non è. Il fatto che per la gran parte del suo territorio gli Usa siano vuoti fa si che città e villaggi possano avere cicli di vita brevi. Cicli che seguono la storia stessa del Paese. Per questo motivo tutta l’Unione è disseminata di città abbandonate.

I centri costruiti in un mese e abbandonati altrettanto in fretta sono migliaia. Si stima che le “Ghost Town” negli Usa ammontino ad almeno 3.800. E tutte, a loro modo, raccontano la storia dell’America, dalla conquista del West fino alla Grande Depressione passando per due guerre mondiali e i reflussi dell’industrializzazione.

Bostwick
Il centro abbandonato di Bostwick in Goergia

La forza della frontiera

Uno dei momenti più dinamici della storia americana è stato quello successivo alla guerra civile. Molti centri spuntavano come funghi nella seconda metà dell’800. Non è un caso quindi che lo Stato con il numero maggiore di centri abbondati sia il Texas, con oltre 500 ghost town, seguito dalla California, 340 e dal Kansas a 300. Per anni il Lone star State ha visto la famosa "Frontiera" spostarsi sempre più verso Est e verso Sud. Mano a mano che questa linea immaginaria si spostava i centri cedevano il passo ai successivi. Per uno Stato così grande e vuoto, il grande livellatore è stato l’arrivo delle infrastrutture. La costruzione di strade e soprattutto ferrovie sancì il successo o la morte di decine e decine di villaggi. Parallelamente la distribuzione di terre dalle riserve indiane agli americani allargò le maglie e cambiò il volto di intere contee.

Per avere un’idea di quanto nel periodo del Far West la nascita delle città fosse un fenomeno confusionario quanto rapido basta parlare della nascita dell’Oklahoma. Nel 1889, per dare un impulso alla colonizzazione di vaste porzioni delle grandi pianure il governo federale indisse la famosa “corsa alla terra dell’Oklahoma”. Letteralmente una gara che richiamò qualcosa come 100 mila persone per l’assegnazione, tramite appunto a una gara, di circa 40 mila poderi. Una storia tipicamente americana immortalata in diverse pellicole come Cimarron del 1960, con Glenn Ford che usa la “corsa” come scusa per raccontare la vita di un uomo inquieto che incarna proprio l’America come entità, sempre proiettata in avanti e mai soddisfatta. O il più di recente Cuori ribelli di Ron Howard con due giovani Tom Cruise e Nicole Kidman.

La storia del Sooner State dimostra come l’afflusso di così tante persone in poco tempo e in uno spazio così vuoto portasse alla nascita istantanea di accampamenti e villaggi. Ma a una tale velocità molto spesso ha corrisposto una altrettanto rapida caduta. Un fenomeno che poco meno di 40 anni dopo l’Oklahoma avrebbe assaggiato. Perché non fu solo la fine della Frontiera e l’arrivo della ferrovia (e del progresso) a far cadere in disgrazia i giovani villaggi.

Disastri naturali

Emblematica in questo senso fu la Dust Bowl: il periodo degli anni ’30 nel quale tutta l’area delle grandi pianure nel cuore dell’America venne flagellato da continue tempeste di sabbia. L’epicentro di questo disastro si colloca nelle terre di confine tra Texas, Kansas, Colorado e appunto Oklahoma. Non è quindi un caso che proprio in queste aree si trova una notevole concentrazione di villaggi abbandonati. Un fenomeno che ha saputo far da sfondo a uno dei romanzi fondanti della letteratura americana. Quel Furore di John Steinbeck che raccontò proprio la fuga dei contadini in cerca di un futuro migliore, lontano dalle grandi terre e verso le coste.

Un numero certo di quante persone scapparono dalle tempeste di sabbia che oscuravano il cielo non è masi stato acclarato. C’è chi parla di 2 milioni e mezzo, chi invece di 3-400 mila persone. Fatto sta che intere contee si spopolarono ridisegnando il volto di quegli Stati per gli anni avvenire.

Ma nemmeno la costa è mai stata al sicuro, come dimostra la storia di Fort Jefferson nella contea di Monroe, in Florida. Costruita nel 1846 come avamposto per tenere d’occhio i movimenti dei pirati, venne usata come prigione nel corso della Guerra civile per poi essere riconvertita in punto di appoggio per la marina americana. All’inizio del secolo, nel 1906, fu però abbandonata dopo essere stata parzialmente distrutta da un urgano.

tempesta sabbia
Una tempesta di sabbia del Dust Bowl nel 1935

Le città minerarie

Ma a sancire la vita e la morte di queste città è stata molto spesso anche l’economia, come nel caso dei centri minerari. Ad esempio la cittadina di Berlin, in Nevada che ebbe un ciclo di vita brevissimo. Fondata nel 1897 intorno a una miniera e chiamata come la capitale tedesca in onore dell’origine dei minatori che vi lavoravano, declinò rapidamente fino alla chiusura nel 1911 in seguito a una serie di scioperi. La fine dell’attività estrattiva ha distrutto anche altri centri nel corso dei primi decenni del ‘900. È il caso della città di Bannack nel Montana. A partire dal 1862 un piccolo accampamento crebbe spinto da decine e decine di cercatori d’oro che speravano di fare fortuna. La vena si esaurì presto però, e già alla vigilia degli anni ’40 il centro venne abbandonato.

Se le miniere rappresentano forse il caso più scontato lo stesso non si può dire per le opere dell’uomo. I cicli economici hanno ridisegnato anche centri più grossi, segnando fortuna e sfortuna dei centri. Uno dei casi forse più significativi è quello del Mid West e del lungo e lento declino legato ai rovesci dell’industria dell’aiuto. Dal dopoguerra agli anni ’60 circa tutta la regione godeva di ottima salute economica grazie alle grandi aziende e agli stabilimenti produttivi. Ma la crisi successiva legata a diversi fattori tra cui l’aumento dell’automazione e le delocalizzazioni verso territori a sindacalizzazione più bassa fecero entrare diversi Stati e città i circoli depressivi spingendo le persone ad andarsene.

L’emblema di questa situazione è stata la città di Detroit. L’ex fulcro dell’industria dell’auto a livello globale è diventata il simbolo del fallimento, con le amministrazioni comunali che chiudevano i bilanci in rosso e gli abitanti in fuga. Certo la città non è mai diventata una vera e propria Ghost Town ma ha perso migliaia di abitanti e visto letteralmente ridurre la sua superficie con decine e decine di demolizioni di appartamenti disabitati.

I disastri umani

Tra le città forse più inquietanti e suggestive c’è sicuramente Centralia, un centro della contea di Columbia nello Stato della Pennsylvania che oggi ha circa 11 abitanti. A Centralia è in corso uno dei più longevi incendi sotterranei della storia americana che dura da circa 50 anni. Nel 1962 infatti divampò un rogo all’interno di una miniera di antracite che ancora oggi si consuma a circa 100 metri di profondità. Negli anni non si sono mai trovate soluzioni per risolverlo anche se fino al 1981 il centro rimase abitato. Nel febbraio di quell’anno però, dopo la caduta di un bambino in una delle voragini create dalle fiamme, le autorità decisero di ammattonare tutta l’area di fatto creando l'ennesima città fantasma.

La fine dell’America rurale

Oggi le città in america si confermano ancora più dinamiche ma il fenomeno delle città fantasma non sembra destinato a diminuire. Secondo i dati dell’ultimo censimento pubblicato negli scorsi mesi le grosse città e i loro sobborghi annessi hanno visto un continuo aumento di popolazione a discapito proprio dei piccoli centri e delle zone rurali. Il 52% delle contee negli Stati Uniti negli ultimi 10 anni ha visto una diminuzione della popolazione, segno quindi di maggiori concentrazioni urbane.

Non solo.

Oggi la crescita maggiore di popolazione ha riguardato soprattutto le grandi metropoli e infatti gli agglomerati urbani con più di un milione di abitanti sono aumentati in una decade del 9,1% e i relativi sobborghi del 10,3%. Mentre le zone rurali dell’America profonda hanno perso poco meno dell’1% della popolazione. Un declino lento che poco alla volta svuota i villaggi e crea nuovi centri fantasma.

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