Per dieci mesi la città di Tikrit è rimasta nelle mani degli uomini del sedicente Stato islamico. Catturata a giugno 2014, nella veloce avanzata dei jihadisti sul territorio iracheno, è stata riconquistata soltanto tra marzo e aprile dell'anno successivo, in un'operazione condotta dalle forze di Baghdad e da una coalizione di milizie sciite creata allo scopo di combattere l'Isis.
La città, nota per avere dato i natali a Saddam Hussein, sarebbe stata messa al sacco proprio dalle milizie, nei giorni appena successivi alla riconquista. A dirlo è un rapporto stilato da Human Rights Watch, che fa affidamento su una serie di immagini scattate sul posto e tratte dai satelliti e su interviste condotte a quanti si sono rifugiati a Kirkuk o nel Kurdistan iracheno.
Secondo la ong, le milizie hanno "saccheggiato, dato alle fiamme e fatto saltare centinaia di abitazioni ed edifici a Tikrit e nelle vicine città di al-Dur, al-Bu'Ajil e al-Alam", lungo le rive del Tigri. Accuse che erano già emerse appena dopo la riconquista della città, ma che ora sembrano acquisire un maggior spessore, sostenute da documenti e testimonianze.
Human Rights Watch è chiara nel dire che le azioni delle milizie "violano le leggi di guerra". A scatenare la furia forse l'accusa, rivolta agli abitanti della città, di avere favorito l'ingresso dell'Isis a Tikrit. Un fatto sostenuto anche da alcuni dei rifugiati intervistati, che chiariscono però che gli abitanti, se pure avevano aperte le porte ai jihadisti, in sfregio al governo sciita allora guidato da Nuri al-Maliki, non ci misero molto a cambiare idea sul loro conto.
Nella zona di Tikrit, nei giorni in cui l'Isis ne prese il controllo, centinaia di soldati sciiti di stanza alla ex base militare
statunitense di Camp Speicher furono trucidati, le foto dell'eccidio pubblicate dalla macchina della propaganda jihadista. Ad aprile la notiza del ritrovamento di tre fosse comuni, in cui si pensa possano essere sepolti circa 1.700 cadaveri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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