"Ci sono cinquecento jihadisti pronti a colpire in Europa"

Altro che "lupi solitari": c'è uno specifico radicamento dell'ideologia jihadista in alcune città francesi, spiega lo studioso Hugo Micheron, allievo di Gilles Kepel

"Ci sono cinquecento jihadisti pronti a colpire in Europa"

Hugo Micheron è uno dei maggiori esperti della radicalizzazione dell'Islam in Francia e del rapporto fra occidente e il mondo musulmano: ricercatore all'École Normale di Parigi e docente a Sciences Po, sta riscuotendo un certo successo grazie sua tesi di dottorato, Le Jihadisme français. Quartiers, Syrie, prisons, che ha scritto sotto la supervisione del celebre politologo e arabista Gilles Kepel. Tesi di quattrocento pagine che ora è stata pubblicata come saggio da Gallimard e che torna ad alimentare il dibattito sull'islam radicale e di come l'Europa, francia in primis, stia sottovalutando il problema, spesso in nome del politicamente corretto e di un approccio ideologico e buonista che provoca solamente disastri.

Intervistato dal Corriere della Sera, Micheron sottolinea che il suo libro "è spassionato, e non getta olio sul fuoco. Offre una storia e una diagnosi degli attentati degli ultimi anni e più in generale di vent anni di jihadismo. Tutto ciò, in un Paese scosso da controversie molto accese". Il problema è che "c'è stato troppo pudore" e gli intellettuali, parlando di islam radicale, "hanno avuto paura che insistendo sui fatti si nutrissero gli isterismi". L'approccio di Micheron, da studioso tutto d'un pezzo, non è per nulla ideologico. È pragmatico e si basa su una realtà dei fatti che molti fanno finta di non vedere: "Solo guardando ai fatti con la maggiore oggettività possibile si sconfiggono i fantasmi" sottolinea. Per questo, prosegue, "ho scelto la ricerca empirica e ho costruito il maggiore campione di interviste fino ad ora. Mi sono basato sui fatti. Non sono sceso a compromessi con i fatti".

Tant'è che per realizzare la sua tesi ha incontrato i jihadisti, "un centinanio in ciascuno dei tre nei quali è cresciuto e ha circolato il jihadismo francese: le periferie, la Siria, le prigioni". Le autorità francesi, purtroppo, hanno commesso diversi errori di valutazioni. "Spesso ci si è girati dall'altra parte" osserva. "Dopo gli attentati e i sette morti del 2012 a Tolosa e a Montauban - spiega Micheron - la polizia presentò l' autore, Mohammed Merah, come un lupo solitario in scooter. Ho ricostruito una storia molto diversa nel libro. C'è stato uno specifico radicamento dell'ideologia jihadista nella regione di Tolosa. Di cui Merah è stato il prodotto". E ora che lo Stato Islamico in Siria e Iraq è stato sconfitto - almeno sul piano militare, certamente non su quello ideologico - l'ennesimo errore sarebbe quello di sottovalutare il fenomeno. Perché, sottolinea il giovane studioso francese, "per i militanti non è altro che una tappa. Una lezione da imparare. Ne ho incontrati ottanta in prigione. Ce ne sono cinquecento in tutta Europa. Si preparano. Aspettano l'occasione".

Altro errore di molti analisti, sottolinea Hugo Micheron, è quello di sottovaluare la dimensione religiosa. "Ho cercato di restituire al fattore religioso il posto che gli spetta. Contestualizzandolo però, nell' evoluzione dei territori, nell'evoluzione politica, anche rispetto alla variabile socio-economica. Le persone che ho incontrato - afferma - si percepiscono come l' avanguardia dell'islam e si sentono il vero islam circondato da miscredenti".

Per far fronte al problema dell'islamismo, nel 2018 il presidente Emmanuel Macron ha espresso la volontà di riformare le istituzioni islamiche presenti Oltralpe per creare un "islam di Francia," sotto l'egida statale. Basterà?

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