Londra alza l'allerta terrorismo Il rischio attentati è «grave»

Non solo il nuovo video dell'orrore, quello diffuso ieri mattina dai miliziani dell'Is che mostra la decapitazione di un prigioniero curdo a Mosul, o l'allarme delle Nazioni Unite sui profughi siriani. A preoccupare l'Europa sono soprattutto le informazioni provenienti dall'intelligence: in Gran Bretagna l'allerta terrorismo è passata dal livello «sostanziale» a «grave», ultimo stadio prima dell'allerta massima. Il governo britannico ritiene «altamente probabile» un attacco terroristico, ha spiegato ieri il ministro dell'Interno Theresa May, anche perché in questi gruppi ci sono «combattenti che si sono recati dalla Gran Bretagna e dall'Europa a combattere in Siria e Irak». Per questo il premier David Cameron in conferenza stampa ha annunciato l'attivazione di nuove norme che «renderanno più semplice togliere il passaporto» a chi è sospettato di voler aderire alla jihad. «Le autorità britanniche fermeranno chi tenterà di unirsi ai miliziani dello Stato islamico in Siria e in Irak», è la promessa del premier, che lunedì illustrerà i dettagli delle misure alla Camera dei Comuni. Mentre ieri da Downing Street ha sottolineato che quella attuale è «una minaccia molto più grande e profonda alla nostra sicurezza di quanto abbiamo conosciuto in passato; siamo alle prese con una organizzazione terroristica che non è basata in un solo Paese ma che cerca di instaurare e poi espandere il suo Stato terrorista». Misure analoghe a quelle annunciate dal Regno Unito entreranno in vigore anche in Olanda. Il ministro della Giustizia Ivo Opstelten prevede un inasprimento della legge «in modo da poter revocare la nazionalità a chi si unisce a un gruppo terrorista armato anche in assenza di una condanna».

Nelle ultime ore l'Europa appare quindi più decisa rispetto agli Stati Uniti: ieri il presidente Barack Obama ha ammesso che alla Casa Bianca «non c'è ancora una strategia». Mentre nel gabinetto di guerra, secondo la stampa americana, c'è profonda divisione. Da un lato i «falchi» che chiedono un intervento militare sia in Irak che in Siria, con raid fino ad Aleppo, e che colpisca anche gli oledotti, fonte di entrate finanziarie per i miliziani dell'Is; dall'altra un fronte moderato che punterebbe a colpire solo le postazioni militari più vicine al confine con l'Irak e che nutre dubbi sulla possibile alleanza con le truppe dell'esercito siriano libero, che ha combattuto finora l'Is con poco sostegno internazionale. Intanto l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu ieri è tornato a sottolineare la situazione disperata che coinvolge oltre tre milioni di civili siriani in fuga dalle zone di guerra. E il dato è parziale, perché molti, centinaia di migliaia, sfuggono al conteggio in quanto non registrati come profughi.

A fare paura più di tutto, però, restano quelle immagini diffuse dai terroristi dell'Is ieri mattina: un altro video diffuso su Youtube, molto simile per la sua impostazione a quello della decapitazione del soldato Usa James Foley, che mostra l'esecuzione di un prigioniero curdo. Anch'egli vestito di arancione, come la tuta fatta indossare ai detenuti di Guantanamo.

Lo sfondo è la moschea di Mosul, seconda città irachena da mesi sotto il controllo dei jihadisti, il titolo del video è «un messaggio di sangue», che questa i tagliagole incappucciati rivolgono alle autorità del Kurdistan: «Non lasciate che l'America intervenga nella nostra regione. Le nostre anime sono nelle vostre mani. Ogni errore o imprudenza da parte vostra ci costerà la vita».

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