Dopo tanti discorsi finalmente si fa sul serio. E l'attenzione di tutta l'America si sposta su Des Moines, capitale dell'Iowa. In questo piccolo Stato rurale, il cui nome deriva da quello di una tribù di nativi americani (gli Iowa, ceppo Sioux, abitarono queste terre fino al 1836), parte ufficialmente la corsa per la Casa Bianca. Tecnicamente i cittadini dell'Iowa partecipano ai caucus, un complesso sistema di voto che dal 1970 è considerato il primo test per chi aspira a diventare presidente. Il 1° febbraio alle 19 (l'una di notte in Italia), gli elettori si riuniscono in palestre, scuole, ristoranti ed alcune residenze private, prendendo parte ad una discussione che si conclude con l'alzata di mano o scrivendo il nome del candidato prescelto su un foglio e inserendolo in una scatola. Un processo di voto tutto rudimentale che in alcuni casi richiede ore e prevede discorsi appassionati a favore dell'uno o dell'altro candidato. "È come se si invitasse la gente a cena a casa propria e si chiedesse loro: 'Chi preferireste come presidente?'. È un modo informale e colloquiale. Questo è il caucus", spiega Dennis J. Goldford, docente di scienze politiche alla Drake University di Des Moines, in Iowa. I caucus sono una sorta di assemblee popolari organizzate in tredici Stati e in vari territori degli Stati Uniti e, anche se non c'è consenso unanime sull'esatta origine della parola: molti pensano che derivi da "caucauasu", che nel dialetto dei nativi Algonquin della Virginia significava "consigliere, veterano o consulente".
Il meccanismo di voto è molto diverso da quello delle primarie, che inizieranno a partire dal New Hampshire tra una settimana. I cittadini dell'Iowa possono votare solo a una certa ora del pomeriggio, in una riunione in cui sono tenuti a registrarsi come elettori del partito democratico o repubblicano. "Bisogna presentarsi alle 19 di lunedi e devi sperare che l'auto funzioni, che la babysitter non ti abbandoni, di non essere malato e che non ci sia una tormenta di neve. Così si possono aiutare le persone più impegnate", spiega il professor Goldford. Non è previsto alcun voto per posta né elettronico: chi per qualunque ragione non riesce ad arrivare ai seggi (perché malato, disabile o semplicemente perché deve lavorare), non può votare. In media soltanto un elettore su cinque registrati in Iowa va a votare nella prima selezione tra i candidati alla Casa Bianca. "Si presentano i più ideologici, coloro che hanno una forte motivazione - precisa Goldford -. Sul versante repubblicano, sono gli elettori più conservatori ed evangelici quelli che hanno il maggior peso. Tra i democratici, i più progressisti".
Per i repubblicani le regole sono semplici: ci si reca in un seggio dei 1.681 distretti nello Stato e si vota in modo segreto scrivendo il nome del candidato che si preferisce su un pezzo di carta che si mette poi in una scatola. I democratici hanno un processo più complesso, basato sulla formazione di "gruppi di preferenza, in cui ci si alza in piedi e si dichiara il sostegno a un determinato candidato", riassume Goldford. Se un candidato non arriva a un certo numero di preferenze tra coloro che partecipano al caucus, che di solito è il 15% dei presenti al momento della votazione, i suoi sostenitori sono obbligati a convincere gli altri ad appoggiare la loro causa o si devono arrendere e unirsi a un altro gruppo di preferenza in un processo che può richiedere anche diverse ore. Con i candidati selezionati in ogni distretto si calcola il numero di delegati di ogni candidato alla convention statale di giugno, e che viene presa come un "termometro" che influenza le votazioni primarie nel resto del Paese.
I caucus dell'Iowa sono importanti perché da qui inizia la lunga corsa per la Casa Bianca. Eppure, se guardiamo indietro nel tempo, il voto dell'Iowa solitamente "non stabilisce chi sarà il candidato" di ciascun partito, tanto meno chi sarà presidente. Dal 1972 solo tre vincitori di un caucus hanno raggiunto la presidenza: Jimmy Carter nel 1972, George W. Bush nel 2000 e Barack Obama nel 2008. Il caucus serve solo a determinare "chi non sarà il candidato" alla convention di quell'anno, e rivelare i "punti di forza e di debolezza" di ogni campagna.
La corsa delle primarie inizia da uno Stato con poco più di tre milioni di abitanti, un'economia prevalentemente agricola e una struttura demografica quasi priva delle minoranze. In pratica si parte da una realtà decisamente poco rappresentativa della media nazionale. L'Iowa è diventato il primo stato a votare "per un caso storico", dopo che George McGovern, un democratico molto conosciuto in zona, aveva vinto la candidatura per ragioni che non avevano "nulla a che fare" con quel territorio del Midwest, secondo quanto racconta Goldford. I consiglieri di Jimmy Carter raccontano come l'ex governatore della Georgia, poco conosciuto a livello nazionale, abbia trascorso "circa 14 mesi" in Iowa nel 1975, parlando con le persone nei bar e nelle chiese. La sua vittoria nei caucus del 1976, in cui ci furono più elettori indecisi che simpatizzanti per Carter, e la sua successiva conquista della presidenza ha ampiamente accresciuto la fama dello Stato, la cui importanza si è solidificata tra il 1980 e il 1990.
Questa fama di "trampolino di lancio" per le campagne elettorali, insieme alla decisione dei partiti di anticipare la data del caucus (e la conseguente attenzione dei media) hanno reso l'Iowa quello che è oggi.L'importante, per i candidati, non è vincere a tutti i costi. Conta soprattutto non farsi troppo male. Perché subire una batosta in Iowa può condizionare tutta la corsa.
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