Perché il reame dello Swaziland ha cambiato nome in eSwatini

Ha a che fare con la colonizzazione britannica. E con il nome inglese della Svizzera

Perché il reame dello Swaziland ha cambiato nome in eSwatini

Cambiare il nome a un Paese non è un gioco da ragazzi, almeno non nella maggior parte degli Stati odierni. Richiede consultazioni, la ricerca di un consenso, lunghe riflessioni sull'opportunità di compiere un passo così drastico. È così pressoché ovunque, ma non nello Swaziland, monarchia assoluta dell'Africa australe, che sulla carta del continente è un puntino piuttosto misero schiacciato tra Sudafrica e Mozambico.

Nello staterello africano le cui sorti sono in mano a re Mswati III c'è poco che il re non possa. E anche cambiare il nome al Paese è stato per il monarca questione di pochi secondi, un regalo che si è fatto per il suo 50esimo compleanno questo martedì. "Ogni volta che andiamo all'estero, la gente ci chiama Svizzera" ha spiegato durante le celebrazioni, annunciando che da ora in poi ci si dovrà riferire allo Stato come "reame di eSwatini".

Cambia poco, e cambia tutto. eSwatini è come in lingua locale si dice "la terra degli Swazi", Swaziland insomma. Ma l'abisso tra i due termini dipende dalla storia del Paese e del continente. Il reame africano non aveva mai cancellato un termine che era un lascito coloniale della Gran Bretagna imperiale e da almeno tre anni si discuteva di un potenziale gesto in questo senso. Nel 1968, a dirla tutta, l'indipendenza aveva consegnato al Paese un nuovo nome: Ngwane, che non era però mai entrato nell'utilizzo comune, tantomeno all'estero.

"Vorrei annunciare che da oggi in avanti il nostro Paese sarà conosciuto come reame di eSwatini", ha informato il monarca pochi giorni fa, che a dirla tutta da tempo aveva iniziato a utilizzare il nome swati per il suo regno.

Se le Nazioni Unite seguiranno l'indicazione del sovrano è ancora tutto da vedere. Intanto un re spesso citato per spese del tutto eccessive per l'economia locale e per un certo disprezzo nei confronti del dissenso politico ha trovato un'altra ragione per far parlare di sé.

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