NIZZA. L’ingresso dell’ospedale di Boulevard Pasteur è transennato almeno quanto quello della Promenade des Anglais. Il personale di sicurezza vigila da dietro la barriera, subito prima della porta di entrata, per tenere a lontano la folla di giornalisti accalcatasi nel tentativo di strappare qualche notizia sullo stato di salute delle oltre 200 persone rimaste ferite durante l’attacco terroristico di poche notti prima. Persone che ora sono all’interno dell’ospedale. Come lo sono anche i cadaveri di coloro che invece non ce l’hanno fatta.
Un bilancio definitivo sul numero totale delle vittime non c’è ancora. Diversi feriti stanno subendo in queste ore delle delicate operazioni, rimanendo in bilico tra la vita e la morte. Molti altri avevano riportato solo ferite lieve e sono stati dimessi poche ore dopo la strage. All’appello mancano poi ancora decine di persone che dopo la notte del 14 luglio non hanno più fatto sapere nulla di sé. Per la città sono comparsi diversi manifesti raffiguranti i volti di chi è “disparu” (scomparso) affiancati da un numero di emergenza da chiamare qualora si sapesse qualcosa di loro.
Per i parenti delle vittime è stato aperto un apposito centro di informazione e di accoglienza. Decine di gruppi di famigliari e amici di chi è morto o ferito entrano nell’ospedale a qualsiasi ora del girono. Il loro ingresso viene accompagnato dai flash delle macchine fotografiche e dalle domande di giornalisti, che, armati di microfono, chiedono loro di rilasciare qualche dichiarazione. Nessuno, però, è disposto a farlo. Anche perché spesso loro stessi sono alla ricerca di informazioni che non hanno.
Le severissime leggi francesi sulla privacy non permettono all’ospedale di diffondere notizie sullo stato di salute dei propri pazienti. Da parte dei piani alti dell’ospedale è poi stato dato ordine di massima discrezione. “Siamo un ospedale, non un centro di investigazioni” dice un infermiere mentre si libera dalla raffica di domande di un gruppo di famigliari alla ricerca di qualche novità. Molti degli amici e dei parenti delle persone che mancano all’appello si sono infatti riversati qui e chiedono di sapere qualcosa. “Conoscete questa persona?” “E’ ricoverata qui?” “Come sta?” “E’ vivo?” Ma le risposte, in quasi tutti i casi, non arrivano.
“L’informazione con i parenti delle vittime funziona malissimo, uccideranno di angoscia anche noi”. A dirlo è Ines, signora brasiliana che da due giorni vaga per l’ospedale e i suoi dintorni alla ricerca di sua figlia, di 30 anni, che giovedì era sulla Promenade e che da allora non ha più dato notizie. Le uniche notizie che Ines è riuscita a ottenere sono a proposito di sua nipote, la figlia di sua figlia, che era con la mamma sul lungomare. E’ stata travolta e uccisa dal camion autore della strage. Aveva nove anni.
Anche per sua madre si teme il peggio. Ma a Ines nessuno dice nulla. Il decesso di sua nipote lo ha appreso dall’ambasciata svizzera (lei vive a Ginevra), che lo ha saputo a sua volta dal governo francese. Nessuno all’ospedale le ha invece detto nulla e non ha potuto vedere il copro di sua figlia.
Alcuni dei feriti sono nelle ore immediatamente successive agli attacchi. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone feritesi durante la fuga dalla Promenade. “La folla che scappava travolgeva chi inciampava e cadeva a terra, si era in preda ad un terrore collettivo che ha reso la fuga ancora più difficile”. A raccontarlo è Sarah Di Corato, 26 anni, ragazza italiana che da tempo lavora nella vicina Monaco e vive in un paese vicino a Nizza, a soli dieci minuti di treno. Giovedì sera era sul lungomare nizzardo insieme ad un gruppo di amici e che ha assistito alla strage, dalla quale è riuscita a scappare rimanendo quasi illesa. Durante la precipitosa fuga, spiega, tante persone si sono ferite lievemente a causa delle cadute, degli impatti con le altre persone, delle schegge del vetro delle vetrine infrante. A salvare Sarah è stata, per fortuna, la pioggia.
“Ero con un gruppi di amiche sulla spiaggia di fianco alla Promenade per guardare i fuochi d’artificio, insieme a migliaia di altre persone. A un certo punto ha iniziato a piovere leggermente, abbiamo quindi deciso di metterci al riparo. Abbiamo attraversato la Promenade e siamo entrate in una via laterale. In quel momento abbiamo visto la massa di gente dietro di noi iniziare a correre nella nostra direzione. Non capivamo cosa stesse succedendo, abbiamo semplicemente iniziato a correre anche noi. Nella ressa ho perso di vista le mie amiche, allora sono entrata in un ristorante per proteggermi. Ci è stato detto di abbassare la testa per ripararsi dai colpi di fuoco. Appena la situazione si è calmata sono uscita e sono corsa via.
Cos’hai fatto dopo la fuga?
Sono corsa alla stazione, dove volevo prendere il primo treno che mi portasse a casa. Entrata nella stazione ho chiesto informazioni ad un poliziotto, che mi ha detto esserci stata una sparatoria. L’altoparlante ha poi annunciato che c’era stato un attentato e invitava la gente a non uscire dalla stazione. I treni erano bloccati o in ritardo. Io per fortuna sono riuscita a salire sul mio e a tornare a casa. Sul treno ho conosciuto due ragazze australiane che erano fuggite dal fuoco e non volevano tornare in città a dormire. Le ho allora ospitate da me per la notte.
Come hai passato la notte?
Appena rincasate abbiamo acceso la televisione per capire cosa stesse succedendo. Più vedevo le notizie e le immagini della gente uccisa nello stesso punto in cui mi trovavo poco prima più mi rendevo conto di quanto sarei potuto esserci io al posto loro.
Le tue amiche sono tornate a casa sane e salve?
Sì, anche se lievemente ferite. Una di loro nella fuga è caduta, e la folla ha iniziato a camminarle sopra, tanto che ha pensato: non morirò per l’attentato ma per il terrore delle persone.
Come giudichi invece il comportamento della polizia? In molti hanno denunciato che ci fossero pochi agenti sul posto…
Tutti si chiedono come sia possibile che in occasione di una festa così importante, quella nazionale, ci fossero così pochi agenti per le strade. C’è chi dice che, finiti gli europei, le forze dell’ordine abbiano abbassato lo stato d’allerta. A Nizza si sono da poco giocate le partite degli europei e sulla Promenade era stata allestita la fan zone. C’era sempre tantissima gente per le strade e tutto era controllato.
La sera della strage non era la stessa cosa. L’attentatore è riuscito ad accedere sulla promenade senza opposizioni, se non quella, dicono, di un poliziotto che ha tentato di bloccarlo e che per questo è stato subito ucciso da un suo colpo di pistola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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