Prove di (vera) tregua Israele-Hamas

Netanyahu sotto accusa in patria per aver accettato un accordo che sulla carta dovrebbe essere duraturo

Bambini palestinesi celebrano la tregua a Gaza
Bambini palestinesi celebrano la tregua a Gaza
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Forse sono finiti o almeno sospesi i cinquanta giorni di guerra senza respiro fra Israele e Hamas, la peggiore delle tre che Israele ha dovuto combattere. È stata proclamata una tregua senza termine, a partire dalle otto di ieri sera, ora israeliana. Nel primo pomeriggio dal Cairo hanno cominciato a pervenire le notizie sia da Abu Mazen e dal capo politico di hamas dentro Gaza, Ismail Haniyeh, che da parte dei mediatori egiziani. Solo verso le sette Israele ha annunciato una riluttante adesione: anche la migliore speranza di pace non può ignorare la pioggia di più di cento missili che ieri poco prima dell'inizio della tregua ha ucciso il cittadino di un kibbutz e ne ha feriti gravemente tre e che durante la mattinata ha fatto a pezzi un giardino di infanzia a Ashdod ferendo 68 persone fra cui sei bambini dai due agli otto anni. Ma alla fine Israele, che dall'inizio della guerra ha mirato a ottenere, secondo la formula di Netanyahu, «pace in cambio di pace» e ha accettato tutte le tregue, ha accettato anche questa.

Abu Mazen l'ha annunciata alla tv presentandosi come colui che è riuscito a fermare «l'aggressività di Netanyahu». A Gaza Sami Abu Zukri, portavoce in mezzo a un paradossale tripudio carico di grida di Allah hu Akbar ", «Allah è grande» e di spari che hanno fatto alcuni morti, annunciava quella che chiamava «la vittoria di Hamas» a fronte di un Netanyahu che «ha fallito». L'accordo tratta la questione dei valichi sia con l'Egitto che con Israele, garantendo un più largo passaggio di persone e di beni che aiutino Gaza nella ricostruzione. I passaggi di Kerem Shalom e di Rafah saranno controllati, non si sa con quali modalità per impedire a Hamas di incamerare armi e di assicurare che la malta per gli edifici non ricostitusca le strutture delle 32 gallerie che Israele ha distrutto per impedire il passaggio di terroristi.

Certamente oltre all'Egitto il ruolo principe spetta ad Abu Mazen, che con il suo viaggio in Qatar qualche giorno fa ha probabilmente garantito a Hamas condizioni gradite. Anche l'Ue e l'Onu si sono fatti avanti per controllare i passaggi, ma soprattutto gli Stati Uniti si sono fatti vivi di nuovo con una loro proposta. Fra un mese, dice l'accordo, le parti si incontreranno di nuovo al Cairo per discutere la richiesta di Hamas di un porto e di un aeroporto. È evidente la difficoltà di questa richiesta da parte di un'organizzazione terrorista che ha importato e esportato soprattutto missili e terroristi suicidi, ma un mese è lungo e forse il mondo adesso è più pronto a capire che Hamas non rappresenta il popolo palestinese, ma un pericolo religioso jihadista per tutti.

Netanyahu già in queste ore è accusato perché accetta la tregua: ma questo è la guerra asimmetrica. Hamas ha usato i suoi cittadini come scudi umani mentre spara sulla popolazione civile del nemico che è costretto dalla necessità di fermare il tirassegno sulla sua gente a mirare ai lanciamissili nascosti fra la gente, accusato spesso di distruzioni e uccisioni compiute da Hamas stessa. Israele nonostante abbia fra gli eserciti più forti del mondo, ha combattuto con le mani legate.

Questa è stata la sua scelta: non distruggere Hamas anche se avrebbe potuto farlo. Negli ultimi giorni l'attacco mirato a 4 capi militari ha piegato la determinazione di Hamas. Ci si può solo augurare che chi festeggiava ieri per le strade di Gaza, almeno in parte sperasse nella pace senza Hamas.

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