Rapito e decapitato: ucciso giovane palestinese gay rifugiato in Israele

Le immagini del cadavere mutilato del giovane, Ahmad Abu Marakhia, sono state diffuse sui social. Il sottosegretario Scalfarotto: "Situazione delle persone Lgbt in Medio Oriente è sottovalutata, Israele unico porto sicuro"

Rapito e decapitato: ucciso giovane palestinese gay rifugiato in Israele

Il corpo decapitato è stato ritrovato la settimana scorsa sul ciglio di una strada ad Hebron in Cisgiordania, vicino alla casa della sua famiglia. E ad aggiungere altro orrore alla morte di Ahmad Abu Marakhia, 25enne palestinese fuggito in Israele perché omosessuale, sono stati i video espliciti della salma smembrata girati da diversi giovani con i cellulari e diffusi su Whatsapp e altri social network prima di essere censurati.

Gli investigatori ancora non si pronunciano sui motivi del sequestro e dell'omicidio. Ma chi conosceva bene la vittima non ha dubbi sul fatto che dietro la brutale uccisione possa esserci proprio l’orientamento sessuale del ragazzo. Marakhia viveva a Tel Aviv in una casa famiglia, The Different House, che ospita gay arabo-israeliani vittime di violenza e discriminazione, sia per la loro nazionalità, sia per la loro sessualità. Era stata la direttrice della struttura, Rita Petrenko, come racconta il Jerusalem Post, ad aiutare il ragazzo a ottenere il permesso per risiedere in Israele.

"Faceva parte di un gruppo di attivisti Lgbt e molti lo conoscevano per questo", ha detto allo stesso quotidiano. Petrenko ha aggiunto che il 25enne, durante il loro primo incontro nel 2020, le aveva confessato di avere paura di essere ucciso, non solo da persone della sua famiglia ma anche della sua città. "Era spaventato dai suoi fratelli, zii e cugini", ha assicurato la donna. Sarebbero almeno un centinaio, ma potrebbero essere molti di più, i palestinesi che come lui, secondo l’Associated Press, hanno attraversato il confine con Israele dalla Cisgiordania per vivere liberamente.

Chi resta, invece, tende a nascondersi per non subire ritorsioni dalla comunità e dall’Autorità palestinese, che nel 2019 ha vietato manifestazioni ed eventi organizzati da gruppi Lgbt minacciando di arrestare i partecipanti. I dettagli raccapriccianti della morte di Marakhia hanno fatto il giro del mondo. La notizia è rimbalzata sulle principali testate internazionali ma, come registra Il Foglio, sono stati pochi gli attestati di solidarietà, soprattutto dal mondo progressista e da quella parte di sinistra tradizionalmente anti-israeliana.

Forse, ipotizza il quotidiano, proprio per la difficoltà a prendere apertamente posizione contro i musulmani e la Palestina. "La battaglia per i diritti dei gay si ferma ai confini dell’Islam", ha sintetizzato l’editorialista e intellettuale gay del settimanale britannico The Spectator, Douglas Murray.

A commentare la notizia con un tweet è il sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto, che denuncia lo stato dei diritti civili nella regione."La situazione delle persone Lgbt in Medio Oriente è un tema gravemente sottovalutato". "E spesso – rimarca il senatore di Italia Viva - si dimentica che Israele è l'unico porto sicuro nella regione".

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