Ma che tipo era Furkan Semih Dundar, il turco espulso dall'Italia per simpatie jihadiste e alcune minacce, neanche troppo velate, contro alcune ambasciate occidentali? Si sa per certo che era un brillante studioso, uno dei migliori nella dura selezione fatta dalla Scuola Normale di Pisa l'anno scorso per diventare perfezionando in Fisica. Come scrive La Nazione il giovane 25enne era abbastanza schivo e non si era ancora fatto amicizie forti in seno alla Normale, anche perché da poco frequentava lo storico palazzo dove passarono, tra gli altri, Fermi e Rubbia, anche loro fisici. Tipo elegante, dall'abbigliamento occidentale, alcuni compagni raccontano un episodio che, riletto oggi, fa pensare: un giorno lo invitarono in discoteca e lui non accettò, spiegando così la propria scelta: "Modo di divertirsi troppo occidentale". Evidentemente lui, al di là degli studi e delle opportunità che gli venivano offerte, non amava troppo l'Occidente. Proprio per non mischiarsi a quel modo di divertirsi che lui non convivideva, chiese ai compagni di studio "di essere cancellato da quella mailing list" incentrata sullo svago e le spensierate uscite in compagnia, in giro per locali.
Con la fisica, però, ci sapeva fare eccome ed aveva una vera e propria passione per la materia, tanto da aver presentato, come progetto per la prova di ammissione alla Normale, un progetto sui "buchi neri e il loro rapporto con la teoria delle stringhe". Tema non tra i più semplici, visto e considerato che attraverso di essa i fisici tentano di avvicinarsi a una teoria del tutto. Ricerca pura, dunque, senza troppi fronzoli. Sul suo blog scriveva: "Non voglio avere rimorsi, quando diventerò vecchio, per non aver avuto il coraggio di seguire le mie passioni". Allontanato dall'Italia, ha ripreso a scrivere sul blog una volta tornato in Turchia, occupandosi ancora di fisica e ricerca.
Lui si difende: "Errore di traduzione"
in un’intervista via mail a Repubblica. Dundar respinge ogni accusa e si difende: "Hanno usato Google per tradurre i miei messaggi, e tutti sanno che non funziona bene con la lingua turca. Così hanno capito che volessi farmi saltare in aria in luoghi pubblici. Ma è tutto un equivoco". Il dottorando racconta che "dal primo giorno in cui sono arrivato in Italia mi sono accorto che ero seguito, in strada e dovunque andassi, come se fossi un loro nemico". Poi parla di "uno dei messaggi che ho scritto alla Cia" dove diceva, come spiega lui stesso: "Forse credete che mi voglia far esplodere di fronte all’ambasciata Usa... ritenete davvero che non abbia di meglio da fare che pensare a voi giorno e notte? All’inizio, in realtà - prosegue - volevo che la Cia mi aiutasse a risolvere questo equivoco. Poi però ho cominciato a scrivere lettere più provocatorie indirizzate anche ad altri siti istituzionali".
Il giovane ammette, dunque, di aver scritto certi messaggi a dir poco inquietanti, per non dire minacciosi. Ma per quale motivo? "Volevo farmi arrestare per chiudere con questa situazione. E sono contento che sia finita. Tutto quello che volevo era
stare tranquillo con la mente libera per studiare senza essere trattato come un nemico così, senza ragione. Tra l’altro, ho saputo delle accuse a mio carico leggendo ieri la notizia sui siti internet italiani". Poi si domanda: "Voglio davvero difendermi? Se volessi farlo, dovrei difendere la mia reputazione davanti a un giudice.
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