Tunisia, velo islamico vietato negli uffici pubblici

Il provvedimento anti-velo islamico ha suscitato la reazione indignata sia dei leader musulmani conservatori sia delle ong umanitarie

Tunisia, velo islamico vietato negli uffici pubblici

Il governo tunisino ha appena varato una pesante restrizione nei confronti del velo islamico tradizionale, dopo che, nei giorni scorsi, il Paese nordafricano è stato colpito da degli attentati jihadisti.

In particolare, il primo ministro Youssef Chahed ha promosso la linea dura verso uno specifico capo d’abbigliamento musulmano, il niqab. Questo si caratterizza per la “copertura totale” assicurata al volto delle donne ed è finalizzato a garantire l’adesione del genere femminile agli ideali coranici di “modestia nel vestire” e di “devozione”.

Stando al divieto deciso dal premier, chiunque indossi il velo integrale e, di conseguenza, abbia il viso occultato non potrà entrare in alcun ufficio pubblico. Sempre in base alla circolare di interdizione licenziata dal Capo del governo tunisino, le impiegate dello Stato, dei governatorati e dei comuni dovranno assolutamente evitare di recarsi sul luogo di lavoro con indosso il niqab.

La normativa anti-velo integrale è stata introdotta da Chahed traendo spunto da quella che è stata in vigore nella nazione nordafricana fino al 2011, ossia fino alla defenestrazione del presidente-dittatore Zine El Abidine Ben Ali. In realtà, le disposizioni vigenti durante la permanenza di costui al potere erano molto più rigide nei riguardi delle tradizioni maomettane, poiché mettevano al bando negli uffici pubblici non solo il niqab, ma anche il poco vistoso hijab, che copre solo la testa delle donne.

Il premier di Tunisi, per giustificare il varo della recente restrizione, si è appellato a esigenze di sicurezza nazionale, asserendo che ogni mezzo adatto a nascondere la faccia dei singoli avrebbe rappresentato un “aiuto cruciale per gli affiliati alle sigle terroristiche”. Al di sotto di un niqab, ha spiegato appunto il primo ministro, potrebbe celarsi un jihadista e questi, giovandosi del travisamento del volto garantito dal capo d’abbigliamento incriminato, potrebbe sfuggire facilmente alla vista della polizia.

I vertici musulmani conservatori hanno reagito all’iniziativa dell’esecutivo accusandola di “calpestare il fondamentale diritto individuale di manifestare in qualunque luogo il proprio credo”. Il partito Ennahda, riferimento politico degli ambienti maomettani tradizionalisti nonché membro della coalizione che sostiene proprio il premier Chahed, ha quindi indicato come “un errore” la circolare di interdizione del niqab e ha poi auspicato un “allentamento dell’isteria anti-islam che ha ultimamente colpito le istituzioni e i media tunisini”.

Anche le associazioni per i diritti umani hanno attaccato duramente il provvedimento delle autorità governative.

Ad esempio, Jamel Msallem, esponente dell’ong Tunisian League for the Defence of Human Rights, ha chiesto al premier di revocare il divieto del velo integrale negli uffici pubblici e ha contestualmente asserito che le ragioni della sicurezza collettiva non dovrebbero mai tradursi in un “pugno di ferro contro la libertà di ognuno di manifestare i principi religiosi personali”.

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