"Tutti i militari sono sovranisti". L'affondo del generale Bertolini

Il generale Bertolini si scaglia contro il Ministro Trenta ed Unione Europea: "Chi è nelle forze armate è sempre conservatore", ma non è sempre così

"Tutti i militari sono sovranisti". L'affondo del generale Bertolini

Marco Bertolini è un generale in pensione già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Folgore. Figlio di un reduce di el-Alamein, il generale cresce militarmente nel 9° Battaglione Col Moschin dove, entrato col grado di tenente, ricoprirà tutti gli incarichi sino ad arrivare a comandante di Reggimento. Dopo essere stato nominato a capo del Comando Interforze delle Forze Speciali nel 2004 – per nomina dell’allora Csm Difesa ammiraglio Di Paola – assume nel 2008 l’incarico di Csm del Comando Isaf in Afghanistan. Dopo numerose altri comandi e missioni il generale Bertolini, una volta congedato, diventa presidente dell’Anpdi, l’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia.

Il generale ora è candidato nelle liste di Fratelli d’Italia alla prossime elezioni europee e, in una recente intervista a Libero, spiega la sua visione strategica non risparmiando bordate all’attuale Ministro della Difesa Elisabetta Trenta e all’Unione europea.

In particolare il generale Bertolini è un sovranista convinto e sostiene che “concetti di sovranità ed indipendenza sono sinonimi nei quali dovremmo riconoscerci tutti. Invece questo non accade più” e aggiunge, oltre a credere di dover riaffermare questi concetti in politica, che l’Italia “deve impegnarsi a vedere riconosciuti i propri interessi e la propria dignità. Finora l’Ue ha agito contro le nostre esigenze e ha lasciato che alcuni Paesi, vedi la Francia, agissero a danno di altri Stati membri”.

Una posizione chiara ed inequivocabile, quella del generale. Appare sempre più evidente, anche alla luce degli accordi di Aquisgrana tra Germania e Francia, che in seno a questa Ue si sia delineato un asse di potere da cui siamo esclusi insieme ad altri Paesi, e che conseguentemente le decisioni prese a Bruxelles siano spesso e volentieri prese da ed in favore di questo asse, che pertanto gioca contro i nostri interessi.

Il generale ci ricorda anche l’incapacità dell’Ue di prendere decisioni comuni in politica estera: il caso dell’intervento in Libia, deciso unilateralmente da Francia, Regno Unito e Stati Uniti, dimostra infatti come non esista una visione politica comune all’interno dell’Ue e soprattutto come si possa agire in modo del tutto unilaterale in barba ad ogni senso di “comunità” che dovrebbe essere tra i cardini dell’Europa unita.

Il generale omette di ricordare, però, che se Francia e Inghilterra hanno potuto agire in quel modo non è solo per l’ignavia ed incapacità di Bruxelles, ma anche perché l’Italia è strutturalmente debole dal punto di vista diplomatico essendo sempre alle prese con dissidi interni e, non da ultimo, a causa del suo tradizionale atteggiamento di ambiguità che si esprime in un perenne temporeggiamento (per non scontentare nessuno) quando occorre prendere una decisione.

Se siamo stati esclusi dalla locomotiva Franco-tedesca sull’Esercito europeo e ancora prima su Pesco, lo strumento di cui si è dotata l’Europa per effettuare quel salto di qualità necessario nei programmi di procurement militare, è soprattutto perché l’Italia è sembrata dimostrare scarso interesse nelle questioni di questo tipo proprio grazie al lungo traccheggio che ha espresso quando invece bisognava tempestivamente essere protagonisti.

Proprio sull’Esercito europeo il generale Bertolini ha le idee ben chiare: “Le Forze Armate sono uno strumento di politica estera. Ma se non esiste una politica estera europea, come può esserci un esercito comune?”. In questo caso il generale non ha tutti i torti, occorre però ricordare che una posizione “isolazionista” dell’Italia in questo senso ed in questo momento storico, potrebbe essere addirittura peggiore: se è vero che non esiste una politica estera europea condivisa, è altrettanto vero che per affrancarsi delle decisioni prese a Washington ed imposteci tramite la Nato, altrettanto controproducenti come certe velleità veterocoloniali di Francia e Regno Unito sul Nord Africa, è necessaria una credibilità e deterrenza strategica proprio data da un Esercito comunitario. La Germania – e la Francia – lo ha capito, noi ancora fatichiamo all’idea di tagliare quel cordone ombelicale “atlantico” che, se da un lato ci ha permesso e permette di avere asset militari di prim’ordine e godere di un “trattamento speciale” da parte di Washington, dall’altro ci lega subordinatamente alla loro visione di politica estera impedendoci di perseguire nei nostri interessi: il caso delle sanzioni alla Russia e all’Iran lo dimostra.

Il generale Bertolini anche per quanto riguarda l’attuale gestione del dicastero delle Difesa non parla per sottintesi come da tradizione per un paracadutista: “Le Forze Armate non hanno bisogno dei provvedimenti pericolosi promossi dalla Trenta” riferendosi alla creazione dei sindacati per i militari e al concetto di dual use delle FFAA. Abbiamo già avuto modo di dire in occasione delle parole del generale Li Gobbi, che questi provvedimenti sono assolutamente deleteri per le Forze Armate: il primo perché elimina quegli ultimi residui di disciplina e gerarchia ancora presenti, il secondo perché implica la svalorizzazione del mestiere del soldato che non deve essere paragonato a quello di un operatore di Protezione Civile.

Il generale aggiunge anche che le Forze Armate sono “sovraniste” rispondendo ad una domanda del giornalista di Libero che gli chiede se voterebbero per la Meloni o Salvini. In dettaglio Bertolini afferma che “i militari sono sovranisti in quanto giurano e impegno il proprio onore per la Patria” sostenendo poi che “di certo essi (i militari ndr) sono dei conservatori in quanto vogliono conservare il Paese come gli è stato dato”. Su questo punto, con rammarico, non siamo affatto d’accordo con quanto espresso da Bertolini.

Le Forze Armate, tutte, sono lo specchio della società, il riflesso del Paese, e nel nostro Paese non esistono solo i “conservatori” o “sovranisti” che dir si voglia. Pertanto anche nelle Forze Armate, ad ogni livello, ci sono esponenti di progressismo nelle sue varie sfumature, tutte tendenti al rosso. Sono stati molti gli esempi di ex militari, ufficiali e sottufficiali di ogni ordine e rango, candidati nel Pd o anche nei 5 Stelle. Ricordiamo, in passato, il generale Mauro del Vecchio, senatore del Pd nella circoscrizione Lazio sino al 2013, oppure il recente caso del comandate De Falco (G.C.) candidato nei pentastellati (e poi espulso a dicembre 2018).

Oltre a personaggi delle FFAA che si espongono in prima linea nella politica “di sinistra” italiana ci sono altri che, se pur non candidati, hanno comunque rivelato un animo ben lontano da quello “sovranista” che il generale Bertolini vorrebbe essere caratteristica comune di tutti coloro che indossano le stellette. L’ammiraglio De Giorgi, ex Csm Marina, in più di una occasione ha lasciato intendere le sue simpatie “progressiste”. Nel suo blog si legge che, oltre ad essersi imbarco con Sea Sheperd, i radicali ambientalisti che danno la caccia alle baleniere giapponesi, è sempre stato favorevole all’apertura di corridoi umanitari in Libia per gestire la crisi dell’immigrazione clandestina, né più né meno di quanto ha sempre sostenuto l’ex Ministro dell’Interno Minniti.

Il figlio dell’ammiraglio, poi, è un “renziano di ferro”, ed anche se questo non significhi necessariamente che anche suo padre abbia le stesse simpatie politiche, è pur lecito pensare che “il frutto non cada mai troppo lontano dall’albero”.

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