Ucraina e usa non si fidano di Mosca: "Non ci sono prove concrete di ritiro"

Da Kiev e Washington arrivano segnali di sfiducia circa le reali intenzioni della Russia. Ma da Mosca confermano il parziale ritiro dei soldati dal confine

Ucraina e usa non si fidano di Mosca: "Non ci sono prove concrete di ritiro"

Segnali di de escalation a cui seguono, subito dopo, nuovi elementi che fanno temere il peggio. La crisi in Ucraina viaggia lungo un sottile equilibrio, dove speranze e tensioni si susseguono ora dopo ora, minuto dopo minuto.

Mosca annuncia il ritiro, Kiev non si fida

Oggi in Ucraina è il giorno dell'unità. Il presidente Zelensky lo ha proclamato a inizio settimana in quanto avvisato dai suoi alleati della Nato che i russi avevano intenzione di invadere il Paese il 16 febbraio. Così non è stato. Al contrario, dal Cremlino sono arrivati segnali di distensione. Già nella serata di ieri il ministero della Difesa russo aveva evidenziato come decine di soldati stavano lasciando le zone adiacenti al confine ucraino.

Finite le esercitazioni, molti di loro erano stati richiamati alla base. E nelle prime ore del mattino il governo russo ha ulteriormente sottolineato questo aspetto. In particolare, da Mosca hanno confermato che le truppe schierate in Crimea, la penisola a maggioranza russa tornata nel territorio della federazione nel 2014, avevano terminato le grandi esercitazioni iniziate a gennaio.

L'allontanamento di numerosi soldati dalla penisola e dalle basi vicine ai confini settentrionali dell'Ucraina, ha fatto tirare un sospiro di sollievo. A livello internazionale, è apparso palese che il tanto temuto 16 febbraio non si sarebbe trasformato nel giorno della guerra.

Ma da Kiev hanno fatto sapere di non fidarsi. Il presidente Zelensky nelle prime ore del pomeriggio ha dichiarato di non aver avuto precise indicazioni sul parziale ritiro russo dai confini. Un concetto ribadito dal governo ucraino anche nelle ultime ore. “Le dichiarazioni di un ritiro non sono sufficienti – ha dichiarato il ministro degli Esteri Dmitro Kuleba – L'Ucraina chiede alla Russia trasparenza e fatti”.

Usa e Nato non credono al ritiro

La posizione di Kiev è analoga a quella degli Stati Uniti e dell'Alleanza Atlantica. Il segretario Nato Jens Stoltenberg ha parlato a Bruxelles di mancanza di chiari elementi che portano a pensare a una de escalation da parte russa. Anche se, durante la conferenza stampa tenuta dopo una riunione con i ministri degli Esteri dell'Alleanza, ha anche fatto riferimento al dovere di chiedere al dialogo. “In attesa dei fatti però – ha concluso – la Nato prosegue il potenziamento delle sue forze”.

Ancora più netta la posizione di Washington. Derek Chollet, consigliere del dipartimento di Stato Usa, in conferenza stampa ha dichiarato non solo di non avere segnali precisi di ritiro parziale russo, ma anche di essere convinto che l'escalation di Mosca è destinata a proseguire.

“Gli Stati Uniti continuano a registrare prove della possibilità che la Russia attui un false flag – ha aggiunto Chollet - o un sabotaggio per avere un pretesto per l'invasione dell'Ucraina”. Le perplessità di Kiev e Washington hanno spento per il momento concrete speranze di de escalation.

Cremlino: “Riconoscere le repubbliche separatiste sarebbe contrario agli accordi di Minsk”

Sul fronte politico sembrerebbe rientrato il caso relativo al possibile riconoscimento, da parte della Russia, dell'indipendenza delle Repubbliche separatiste del Donbass. Ossia le due entità, una stanziata a Donetsk e l'altra a Lugansk, che dal 2014 sono governate da entità separatiste guidate da gruppi filorussi.

Ieri la Duma, il parlamento di Mosca, aveva votato una risoluzione dove veniva chiesto al presidente Putin di riconoscere le due repubbliche. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha fatto sapere che lo stesso Putin ha preso atto della mozione della Duma, ma non è intenzionato a procedere con il riconoscimento.

E questo perché, in primo luogo, un'azione del genere sarebbe contraria agli accordi di Minsk, il documento cioè che vede nel reintegro di Donetsk e Lugansk sotto la sovranità ucraina, ma in un contesto di forte autonomia, la possibilità per dirimere il conflitto.

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