Ue appesa a un comunista. Mélenchon arbitro del voto

Tra Macron e Le Pen decisivi i 7,7 milioni di voti presi da Mélenchon. Caccia ai giovani e agli anti-sistema

Ue appesa a un comunista. Mélenchon arbitro del voto

Ormai lo chiamano «l'arbitro» del ballottaggio, perché il suo elettorato, dall'alto di quel 21,9% che suona come un trionfo ma anche come una beffa, deciderà chi guiderà la Francia per i prossimi cinque anni. Jean-Luc Mélénchon, l'uomo dell'estrema sinistra, l'insoumis, il ribelle che domenica, al primo turno delle presidenziali in Francia, è arrivato terzo, a un passo da Marine Le Pen (23,1%) con appena l'1,2% in meno, ha visto sfumare per un soffio la possibilità di accedere al secondo turno e sfidare Emmanuel Macron. Al terzo tentativo presidenziale, proprio come la sua opposta Le Pen, Mélenchon ha perso l'occasione della sua vita politica per 400mila voti, tanti quanti lo hanno separato dalla leader dell'estrema destra, ma lascia in eredità ai suoi elettori il ruolo cruciale di ago della bilancia in un'elezione che deciderà non solo il futuro della Francia ma anche quello dell'Ue.

Settant'anni, un passato da senatore socialista (1986-2010), entrato a far parte del Gruppo Comunista del Partito della Sinistra (CRC-SPG) nel 2008, ministro delegato per l'Istruzione Professionale dal 2000 al 2002, durante il governo di Lionel Jospin, l'anti-capitalista Mélenchon, per due volte eurodeputato con il «Front de gauche», è stato il candidato più agé delle presidenziali 2022 sotto il marchio «France insoumise», creato nel 2016. Ed è riuscito anche nell'impresa di essere lo sfidante più vecchio del presidente più giovane della Repubblica francese (Emmanuel Macron) ma di aver saputo parlare meglio di chiunque altro ai giovani in questa tornata elettorale. Nonostante quasi la metà dei francesi fra i 18 e i 24 anni non si sia recata alle urne domenica, facendo raggiungere il record del 42% di astensioni fra i giovani (l'astensionismo complessivo è stato del 26,3%), chi fra quei ragazzi è andato a votare ha scelto proprio lui, affidandogli il 31% delle preferenze tra gli under 24, primo tra i preferiti, seguito da Marine Le Pen con il 26%. Si tratta, per Mélenchon, di un'avanzata del 9% rispetto al 2017 (dati Ipsos).

La vera sfida, nelle prossime due settimane, sarà tuttavia capire dove si muoverà il suo elettorato. A risultati appena usciti, domenica, Mélenchon ha detto chiaramente: «Non bisogna dare un solo voto a Le Pen». Ma non si è spinto fino a indicare ai suoi di votare Macron. D'altra parte, il presidente uscente è stato negli ultimi 5 anni il suo bersaglio ideale. E questo spiega in parte tutta l'incertezza che si annida fra gli elettori della extrème gauche. Secondo un sondaggio Elabe per Bfm Tv, pubblicato ieri, il popolo di Mélenchon si divide adesso in tre gruppi di pari peso.

C'è una quota, il 35%, che intende votare per Macron, una seconda quota, pari al 34%, favorevole invece a Le Pen e, infine, un'ultima fetta di elettori, in tutto il 31%, che pensa di non andare a votare il 24 aprile. Vorrebbe dire che almeno un terzo dei suoi elettori è già pronto a disattendere le indicazioni del leader che sognava presidente. E non è difficile comprendere perché. Anti-americano, in passato anche filo-putiniano, Mélenchon vuole, come le Pen, l'uscita della Francia dalla Nato. Chiede di dire addio al nucleare e di abrogare la riforma di Macron sull'indennità di disoccupazione. Ancora: età pensionabile a 60 anni, contro i 65 del presidente.

Le sue principali proposte: aumento del salario minimo a 1400 euro netti, istituzione di una quota massima del 10% di contratti precari nelle piccole e medie imprese e del 5% nelle grandi compagnie. Per i giovani tra i 18 e i 25 anni, un assegno mensile di 1.063 euro. Un ribelle radicale, Mélenchon. Come i suoi elettori, che potrebbero non seguirne i consigli. E decidere tra due settimane chi siederà all'Eliseo.

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