Yemen, Obama autorizza rappresaglia: missili contro postazioni radar ribelli

Pentagono: "Rappresaglia per l'attacco contro le nostre unità in pattugliamento al largo delle coste dello Yemen"

Yemen, Obama autorizza rappresaglia: missili contro postazioni radar ribelli

Gli Stati Uniti, questa notte, hanno distrutto tre siti radar in Yemen, in risposta ai missili lanciati domenica scorsa dai ribelli contro le navi della marina Usa al largo delle coste dello Yemen, nel Mar Rosso. E’ quanto comunica in una nota ufficiale il Pentagono.

Il cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh Burke, USS Nitze (DDG 94), ha lanciato missili Tomahawk su bersagli designati a nord di Bab el-Mandeb, tra il Mar Rosso ed il Golfo di Aden. Le valutazioni iniziali confermano che i siti radar controllati dai ribelli Houthi sono stati distrutti.

“Questi attacchi limitati avvenuti per autodifesa sono stati eseguiti per proteggere il nostro personale, le nostre navi e la nostra libertà di navigazione in questo importante passaggio marittimo. L’operazione è stata autorizzata dal presidente Barack Obama su raccomandazione del Segretario alla Difesa Ash Carter e del generale Joseph Dunford, presidente del Joint Chiefs of Staff. Gli obiettivi colpiti si trovavano in aree remote, con minimo rischio di vittime tra i civili o danni collaterali”.

Gli Houthi non hanno rivendicato l'attacco contro le navi americane, negando ogni responsabilità. Il Pentagono, tuttavia, ritiene certo il coinvolgimento dei ribelli negli attacchi contro l’USS Mason e l’USS Ponce. Poche ore fa un terzo missile sarebbe stato lanciato contro l'USS Mason: non si conoscono i dettagli dell'intercettazione.

L’attacco contro le navi della Marina Usa

Per la prima volta nella storia recente, una nave da guerra degli Stati Uniti è stata costretta ad aprire il fuoco per intercettare una minaccia missilistica potenzialmente catastrofica. Iniziano a trapelare dettagli sull’episodio che ha coinvolto, domenica scorsa, un cacciatorpediniere della Marina statunitense, in pattugliamento al largo delle coste dello Yemen, nel Mar Rosso. L’USS Mason si trovava in acque internazionali, a nord di Bab el-Mandeb, che funge da gateway per le petroliere dirette verso l'Europa attraverso il canale di Suez. I due missili, secondo la prima nota del Pentagono diramata poche ore dopo l’episodio, sarebbero precipitati in mare.

“L’USS Mason, cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh Burke di stanza a Norfolk, in Virginia, ha rilevato le minacce ed adottato contromisure difensive”.

Poche ora fa la conferma che l’USS Mason è stato costretto ad attivare il suo sistema di difesa anti-missile, lanciando tre intercettori. Secondo un rapporto dell’U.S. Naval Institute, il cacciatorpediniere statunitense avrebbe lanciato due intercettori SM-2 ed un singolo Enhanced Sea Sparrow Missile. Il Naval Institute conferma anche l’attivazione del sistema Nulka.

I lanci sarebbero avvenuti da una zona portuale controllata dai ribelli Houthi che, secondo il Pentagono, ricevono sostegno militare dall'Iran. Quest’ultimo avrebbe notevoli quantità dei missili compatibili con il tipo di attacco effettuato nel Mar Rosso.

Contro le due unità della marina statunitense, l’USS Mason era seguita dall’unità da trasporto anfibio USS Ponce, sono stati lanciati due missili cruise. L’USS Ponce, unità da trasporto anfibio classe Austin, è stata la prima nave al mondo ad essere stata equipaggiata con un nuovo sistema d'arma laser sperimentale progettato per eliminare le minacce asimmetriche. La flottiglia era al largo delle coste dello Yemen in operazioni di routine. Non era a sostegno di eventuali coalizioni alleate.

La sanguinosa guerra civile dello Yemen, iniziata nel 2015, è in gran parte oscurata dal conflitto contro lo Stato islamico. Secondo le Nazioni Unite sono circa tre milioni gli sfollati mentre sarebbero diecimila le vittime. Sauditi ed alleati sunniti sostengono il governo del presidente Abdrabbuh Mansour Hadi, rovesciato da una rivolta Houthi nel gennaio dello scorso anno. L'ambasciata americana a Sana'a, capitale dello Yemen, è stata chiusa un anno fa. L’attacco contro la nave da guerra statunitense è stato eseguito poche ore dopo la decisione della Casa Bianca di rivedere il sostegno Usa nella coalizione saudita, dopo la strage di Sana’a. Sabato scorso, l’aviazione saudita ha bombardato la sala da cerimonie di Sana’a, uccidendo oltre 140 persone e ferendone almeno 500. Nella sala funebre nella capitale yemenita si celebrava il funerale di Ali bin Al-Ruwaishan, padre del ministro dell’Interno del governo ribelle. L’obiettivo del raid era quello di decapitare la linea di comando Houthi. Il Dipartimento di Stato ha ammesso di fornire ai sauditi informazioni di intelligence, targeting e supporto logistico.

La procedura di intercettazione

Tutte le unità della US Navy hanno il diritto intrinseco all'autodifesa. Non è necessaria alcuna approvazione per attivare la difesa aerea e missilistica delle navi da guerra statunitensi contro le minacce di superficie, aeree e subacquee. Diverso è l’attacco per rappresaglia che richiede l’ordine diretto del Presidente degli Stati Uniti. Probabilmente, i sistemi radar e di sorveglianza della USS Mason hanno identificato immediatamente la sorgente dei missili in arrivo. L’attacco non è stato rivendicato, ma i vettori sono stati lanciati dal territorio controllato dai ribelli Houthi. I missili da crociera intercettati seguivano una traiettoria di volo radente al livello del mare. Entrambi avrebbero potuto, secondo il Pentagono, causare danni catastrofici. Le specifiche dei missili sono ancora oggetto di analisi. Sospetti sul Silkworm, missile antinave cinese che deriva dallo SS-N-2 Styx sovietico.

L'ultimo attacco missilistico contro una nave statunitense è stato effettuato il 17 maggio del 1987. L' USS Stark durante un pattugliamento nel Golfo Persico è stato colpito da due missili Exocet lanciati da un caccia iracheno. Morirono 37 marinai.

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