Sono quindici giorni che è il giorno di Benitez. Era a Porto Cervo, adesso è ripartito per Liverpool dove recupera la signora Maria de Montserrat, le figlie Claudia e Agata, tira su un po’ di effetti personali e svuota l’ufficio di Anfield. Poi torna qui. Non ha ancora firmato il biennale con opzione per il terzo a 3,7 milioni a stagione, premi esclusi. Sarà anche una formalità, ma sono cose a cui Moratti tiene. Il presidente ha detto che Benitez arriva: «Abbiamo sistemato gli ultimi dettagli, Benitez torna per la presentazione», e ha fatto sapere che oggi dirà ora e giorno.
L’ha inseguito subito, anzi prima ancora perché aveva capito che Josè stava tagliando la corda e allora ha puntato il più diffidente e abrasivo madrileno che sfiori la faccia della terra, discreto e diretto, fisico da giocatore di bocce, personalità melanconica, collerica, flemmatica, sanguigna, altre non ne esistono.
Con Jorge Valdano era al limite, i due al Real Madrid si erano incrociati parecchie volte, c’hanno giocato, hanno allenato le giovanili, e a Benitez l’argentino è sempre andato di traverso. Quando Valdano si è permesso di criticare un Liverpool-Chelsea di Champions league, ed erano ormai passati anni dai giorni madrileni, Benitez gli ha rovesciato addosso tutta la sua stima: «Capisce poco, più del campo per lui contano le conferenze e le medaglie. Bravo solo a copiare».
E sulla panchina del Chelsea c’era Mourinho che poi raccolse la solidarietà di tutti i colleghi quando venne licenziato da Abramovich, ma non la sua: «Sapete in quali rapporti siamo. Meglio che io rimanga zitto». Si sfidavano sul campo preferito dallo Special One, guerra psicologica, non si è salvato neppure Sir Alex Ferguson.
Il presidente è contento, alla fine ha vinto su tutta la linea, ha preso il signor Benitez alle sue condizioni là dove altri avevano fallito, la pattuglia di undici o dodici collaboratori è stata ridotta all’osso, e l’ingaggio del nuovo allenatore glielo paga il fuggitivo Mourinho, e ci guadagna.
Qualcuno assicura che Moratti si sia tutelato, se Rafa non funziona va via a fine stagione con Guardiola già pronto a subentrargli. Sono pensieri brutti. Ancora ieri Branca e Moratti a colloquio negli uffici Saras, storia sfinente, c’erano dei dettagli da definire, Benitez lontano, sembra importargli zero. Ha scelto il gruppo che lo segue a Milano, il vice argentino Mauricio Pellegrino, il preparatore atletico Paco de Miguel, quello dei portieri Xavi Valero e Amedeo Carboni, feeling mai interrotto dai tempi del Valencia, il fido che andrà a visionare le avversarie. Pare ci sia anche un consulente informatico, un inglese che gli spalma dati a ripetizione, preme un tasto e stampa la videata. A Moratti non ha imposto nessun acquisto, ha sempre ritenuto la serie A il primo desiderio, c’è arrivato e vuole capire quanto vale il suo gioco che per i nemici è scarno e strategicamente difensivo. Qualche interista si frega già le mani.
Magari non arrivano nè Gerrard nè Torres, nè Kuyt nè Mascherano. Al Niño Torres in quest’ultima stagione ha fatto fare più panchina che prato, con Gerrard ha sfiorato lo scontro fisico, con i due proprietari del Liverpool negli ultimi mesi erano solo sportellate.
Un anno si è fermato perché non si piaceva, poi è andato ad allenare l’Extremadura, quando l’hanno chiamato a Valencia l’ha portato in cima alla Liga: «Campagna acquisti? - rispose ai cronisti durante il mercato - Ho chiesto un tavolo e mi hanno comprato un paralume», e andò in Premier. C’è continuità, ha ragione il presidente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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