Le mosse del governo per ridurre le imposte

Per sgonfiare la pressione fiscale Tremonti può intervenire sui 38 miliardi legati alle agevolazioni sull’Iva, per poi rimodulare le tasse su famiglie e imprese. Miracolo nei conti pubblici: il governo risparmia 20 miliardi

Le mosse del governo per ridurre le imposte

La riduzione delle imposte è un obiettivo che non può essere trascurato, se si vuole puntare sulla crescita della nostra economia, migliorare il benessere degli italiani, aumentare l’occupazione specialmente giovanile e ridurre il rapporto fra debito e Pil. Per farlo occorre continuare a mantenere stretti i cordoni della borsa.
Per stimolare la crescita è essenziale puntare sulla riduzione dei pesi fiscali sulle imprese e sul salario legato alla produttività. C’è però da tenere presente anche l’esigenza di alleviare il carico delle famiglie, soprattutto a favore di quelle dei nuovi nati. Nella politica fiscale per la famiglia è anche importante la riduzione della tassazione della casa, in particolare adesso per quelle in affitto, mediante la cedolare secca sugli affitti, che stenta a decollare.

Il fabbisogno del Tesoro, secondo gli ultimi dati, è migliorato di 19 miliardi rispetto alle previsioni. Una parte deriva da maggiori entrate. Sarebbe desiderabile utilizzare questa somma anche per diminuire le aliquote. Ma occorre che si destini alla riduzione del deficit (rispetto al programma che Bruxelles ha approvato) quasi tutto il maggior gettito derivante dal miglioramento del bilancio. Sarebbe una buona mossa per contrastare le preoccupazioni che potrebbero emergere, nel 2011, sul debito pubblico italiano, tenuto conto del suo elevato rapporto con il Pil.

Dunque, gran parte di questo maggior gettito lo dobbiamo destinare alla difesa del nostro bilancio. Dietro questa barriera, però, è ancora possibile trovare i mezzi per finanziare i tagli fiscali. Qualcosa si può e deve fare con le riduzioni di spesa: che sarebbero auspicabili, ma che incontrano molte resistenze, come si è visto dalle proteste per i contenimenti che sono stati effettuati nel bilancio per il 2011 e che hanno visto anche le critiche di ministri e capo dello Stato. E non mi riferisco invece alla proposta di raccogliere nuove entrate tassando i patrimoni con imposte ordinarie o straordinarie. Si tratta di misure deleterie, figlie del peggior dirigismo keynesiano, secondo cui il moto dell’economia non è il risparmio, ma il consumo. Peraltro, c’è uno spazio per le riduzioni fiscali, se si sfronda l’enorme area delle agevolazioni.

Le nostre imposte sono bucherellate dalle agevolazioni. Secondo le stime ufficiali, nel 2011 in Italia esse ammontano a 144 miliardi, l’8,9% del Pil e il 31% rispetto al gettito delle entrate tributarie totali. Le agevolazioni sono distribuite in percentuali molto diverse fra imposta e imposta. Sono 89 miliardi per l’Irpef (che ora si chiama Ire) e, rapportate al gettito dell’Irpef, costituiscono il 62% del totale. Seguono le agevolazioni nell’Iva, che sono 38 miliardi e rappresentano il 26% delle agevolazioni complessive. Al terzo posto, con distacco, troviamo le agevolazioni nell’Irap, ovvero l’Imposta regionale sulle attività produttive, che sono di 5,4 miliardi e poi quelle nelle imposte sui consumi di 3,5 e infine quelle nella tassazione delle società (Ires) che sono di 2,4 soltanto. Come si nota, i due tributi che gravano maggiormente sulla produzione, ossia l’Ires e l’Irap, sono quelle che annoverano meno agevolazioni. E dato che l’Irap è un’imposta che danneggia la produzione, la riduzione delle sue aliquote non può certo essere fatta togliendo queste agevolazioni. Occorrerebbe disporre di almeno altrettanti miliardi per trasformare queste agevolazioni in riduzioni di aliquote, che semplificano il tributo e lo adeguano alle esigenze dell’economia produttiva.

Tralascio le tecniche con cui ciò è fattibile, senza compromettere il gettito per le Regioni, che è importante per il federalismo fiscale, ma osservo che se si immagina di spalmare su un triennio questa riduzione di imposte, si tratta di perdere un gettito di 1,8 miliardi annui, andando a rosicchiare nelle agevolazioni tributarie. Anche nell’Ire non posiamo toccare le agevolazioni fiscali, che sono molto modeste: occorre invece disporre un piano triennale di riduzione delle aliquote, di almeno altrettanto. D’altra parte non possiamo ridurre l’entità delle agevolazioni fiscali per l’Irpef. Quelle che si sono andrebbero razionalizzate e accresciute disponendo di altri 6 miliardi onde ridurre il carico fiscale su di esse del 15%, ma occorre anche disporre di maggiori risorse per ridurre l’onere per le famiglie.

La risposta può venire dagli esoneri Iva e nelle altre imposte indirette. E credo che si possa anche qui operare su base triennale con un analogo importo.

In totale 24 miliardi di euro in tre anni, di cui due terzi, 16 miliardi, ricavabili mediante esoneri fiscali e il resto per metà con maggiori gettiti e per metà con limature di spese. Un programma minimo, ma che, se ben dosato, può essere efficace.

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