È da quando avevo i calzoni corti che mi sento coinvolto nel dramma mediorientale essendo nato al Cairo nel 1952, tre mesi prima del colpo di Stato militare che rovesciò la monarchia di Faruk e quattro anni dopo la proclamazione dello Stato di Israele, ed è da oltre 35 anni che me ne occupo professionalmente come giornalista. Ebbene da allora l'unico dato certo e immutato è il rifiuto arabo ed islamico a riconoscere il diritto di Israele ad esistere come Stato del popolo ebraico. Che è cosa sostanzialmente diversa dall' accettazione de facto di Israele come Stato sul piano diplomatico, che non esclude che prima o dopo lo si pugnali alle spalle non avendo mai riconosciuto la ragione storica, identitaria e legale della Patria naturale del popolo ebraico. Mentre oggi il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si accinge a discutere la richiesta del presidente dell' Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen di riconoscere l'indipendenza dello Stato della Palestina, in modo unilaterale e a prescindere dall'assenza di un accordo di pace con Israele, mi sembra di rivedere per l'ennesima volta un copione fin troppo consumato in cui da parte araba si ostenta una pace che dovrebbe tradursi nella restituzione di territori occupati in cambio dell'accettazione di Israele come «dato di fatto» perché attualmente inespugnabile, ma senza il riconoscimento dell' identità ebraica dello Stato, salvaguardando pertanto l'opzione di annientarlo fisicamente quando i rapporti di forza lo permetteranno o anche dissolverlo con la bomba demografica. Ebbene nonostante che in passato Israele si sia resa disponibile a percorrere questa opzione di pace che si tradurrebbe in realtà in una tregua, ad opporvisi sono stati puntualmente i terroristi islamici o nazionalisti palestinesi che sono pregiudizialmente contrari a qualsiasi intesa sia perché pregiudizialmente contrari alla pace con lo Stato ebraico, sia perché non si fidano dei governanti palestinesi che condannano come traditori. La verità è che non è mai esistito nella Storia uno Stato della Palestina così come il «popolo palestinese » è un'invenzione contemporanea che gli stessi Paesi arabi hanno messo in discussione fino al 1967. La stessa risoluzione 181 delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 che legittima la nascita dello Stato di Israele, contempla contemporaneamente la costituzione di uno «Stato arabo» e non di uno «Stato palestinese». Il termine «Palestina» individuava una entità geografica, non politica. Tanto è vero che alla fine della guerra sferrata dall'insieme dei Paesi arabi per stroncare sul nascere lo Stato d'Israele all'indomani della proclamazione dell'indipendenza pronunciata da David Ben Gurion, il territorio su cui sarebbe dovuto nascere lo «Stato arabo» fu spartito tra Israele, che si annesse la Galilea e il settore occidentale di Gerusalemme, tra la Giordania che si annesse la Cisgiordania e il settore orientale di Gerusalemme, e tra l'Egitto che occupò la Striscia di Gaza. Se la Giordania e l'Egitto fossero stati sinceramente interessati a sostenere il diritto dei palestinesi, nessuno avrebbe potuto impedire loro di consentire la nascita di uno Stato palestinese sui territori da loro occupati. Invece perpetuarono l'occupazione di quei territori dal 1948 al 1967 perché disconoscevano la nozione stessa di «popolo palestinese » e predicavano una mistificatoria «causa araba» contro il diritto di Israele e del popolo ebraico ad esistere. La verità è che è stato Israele, non i Paesi arabi, ad offrire per primo ai palestinesi l'opportunità di creare il proprio Stato indipendente come sbocco del processo negoziale avviato dalla storica stretta di mano tra Rabin e Arafat il 13 settembre 1993 nel «Giardino delle rose» alla Casa Bianca alla presenza del presidente Clinton. In cambio Israele ottenne sia l'esplosione di una scia incontenibile di attentati terroristici suicidi perpetrati da Hamas, Jihad Islamica e nazionalisti palestinesi delle cosiddette «Brigate dei martiri di Al Aqsa» che si scoprì essere legati allo stesso Arafat; sia la conferma che Arafat mentiva dopo che in un sermone pronunciato in una moschea in Sudafrica paragonò gli accordi di Oslo alla hudna , la tregua di Hudaibiya, sottoscritta da Maometto nel 628 con i suoi nemici meccani, che violò non appena consolidò le proprie forze. Arafat confermò che era pregiudizialmente contrario al riconoscimento del diritto di Israele ad esistere come Stato del popolo ebraico quando nel 2000 rifiutò la proposta di pace più generosa che potesse essergli offerta a seguito dei negoziati svoltisi a Camp David con la mediazione di Clinton. L'allora premier Barak era disponibile a riconoscere uno Stato palestinese sul 97% dei territori occupati nel 1967 con lo scambio di territori per il restante 3% trattandosi di insediamenti ebraici che sono ormai parte integrante di Gerusalemme. Con l'attuale presidente dell' Anp Abu Mazen la situazione è sostanzialmente immutata. Nella lettera inviata al segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon con cui chiede il riconoscimento dello Stato della Palestina, si qualifica come «Presidente dello Stato Palestinese », che non esiste, e «Presidente del Comitato esecutivo dell' Organizzazione per la liberazione della Palestina» nel cui Statuto si predica di fatto l'eliminazione di Israele. Tutto ciò non depone bene per il futuro della pace in Medio Oriente. Ma per fortuna i palestinesi sembrano migliori dei loro governanti. Stando a un sondaggio realizzato dal Palestinian center for public opinion il 6 settembre 2011, ben il 59% dei palestinesi interpellati si dice favorevole al ripristino dei negoziati con Israele per conseguire un accordo di pace stabile e dopo ottenerne la ratifica all' Onu, mentre solo il 35% si è espresso a favore dell'immediata proclamazione unilaterale dello Stato palestinese da parte dell'Onu. Speriamo che i palestinesi sappiano far prevalere il buonsenso e la volontà autentica della pace a cui aspira la stragrande maggioranza degli israeliani e che è stata ribadita anche all'Onu dal premier Netanyahu. Personalmente non mi faccio molte illusioni.
Nell'insieme del Medio Oriente la cosiddetta «Primavera araba» sta facendo emergere un blocco islamico e nazionalista che è essenzialmente concorde su un punto: l'odio nei confronti di Israele. Il popolo ebraico per primo deve prepararsi a tempi duri, e insieme a lui tutti noi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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