Muccino sbanca gli Usa e punta all’Oscar

Sette anime, seconda prova americana del regista, sfiora il primato negli incassi. Ma i media non lo hanno elogiato come avevano fatto con La ricerca della felicità

Muccino sbanca gli Usa e punta all’Oscar

Nei giorni scorsi il suo ultimo film era stato stroncato dai critici più autorevoli dei media Usa ma nel fine settimana si è preso una bella rivincita nei botteghini, dalla East alla West coast. E adesso guarda all’Oscar non più come a un miracolo ma come a una partita da giocare. È il regista Gabriele Muccino, che con Seven Pounds, interpretato da Will Smith, ormai il suo fratello americano, si è piazzato al secondo posto nella classifica del box office, battuto solo da Yes Man, la commedia esistenziale con Jim Carrey, l’antagonista di Smith. Tutti gli altri dietro, dallo spericolato roditore de Le avventure del topino Desespereaux al Keanu Reeves apocalittico di Ultimatum alla terra, al Robert Duvall in versione natalizia di Tutti insieme inevitabilmente.

L’unico «caveat», ovvero l’unica avvertenza di cui tener conto per valutare il risultato, viene dal termometro. Lo scorso fine settimana, infatti, gli States sono stati dominati dal maltempo e dalle temperature polari che fra l’altro hanno dimezzato l’incasso totale dei cinema rispetto al weekend precedente. Solo due esempi, a New York meno 45%, a Boston meno 81%. E quindi i 5,3 milioni di dollari guadagnati da Seven Pounds nel primo giorno di programmazione sono poca cosa rispetto ai 27 milioni del primo weekend di La ricerca della felicità, il film, sempre con Smith protagonista, che ha segnato l’esordio di Muccino a Hollywood. Ma, come è logico, il maltempo ha colpito allo stesso modo tutti i film, a parte forse i cartoni.
E poi, come dicevamo, la critica, che per La ricerca della felicità si era sperticata in elogi e che per la seconda prova americana del nostro regista ha invece sfoderato tutte le sfumature della stroncatura, dai colpi sotto la cintura agli scappellotti affettuosi, che sempre sberle sono. «Magari fosse un film sul sollevamento pesi, o sulla sterlina. Tutto tranne quello che è, un film monotono, che non racconta una storia e che sfoggia la scena di morte più ridicola del decennio», hanno potuto leggere i cinefili americani su Metromix, la guida cultural-edonistica che da dieci anni fa tendenza nel pubblico giovane delle maggiori città dell’Unione. Questo è il cazzotto proibito. Ecco lo schiaffo bonario. Di Variety, la rivista di spettacolo che dal 1905 orienta il pubblico Usa e che dagli anni Trenta è la bibbia americana del cinema. «Una favola lunghissima, costruita in maniera così intricata da far infuriare chiunque sia guidato dalla razionalità e dall’intelletto... Nonostante tutto, il finale sarà emotivamente devastante per molti spettatori, specialmente quelli che hanno una fede forte. Probabilmente c’è un pubblico anche per questo film». E ancora, Time Out New York: «Sonnolento e pretenzioso».

Insomma, se al freddo aggiungiamo le critiche...

E invece Muccino, con la sua pellicola sul tormento e la redenzione di un tizio che ha ucciso sette persone in un incidente stradale (la vedremo in Italia da gennaio con il titolo Sette anime), ha chiuso benissimo il primo round. E alla Fandango, la casa produttrice, sono autorizzati a sperare in una statuetta, per Smith come migliore attore o per Muccino per la regia.

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