Napoli, ricerca nel caos Il centro anti tumori ostaggio dei «baroni»

L’istituto «Pascale» langue tra conti in disordine e braccio di ferro per le poltrone: dal 2005 la nomina del direttore scientifico è bloccata da un protetto di Bassolino

Napoli, ricerca nel caos Il centro anti tumori ostaggio dei «baroni»

nostro inviato a Napoli

La targhetta, sullo stipite, assicurerebbe: «Direttore scientifico». Ma questa è Napoli, dove le certezze sono poche e il condizionale è un obbligo. Dietro a quella porta, infatti, il professor Aldo Vecchione attende dal 6 ottobre 2005 di poter svolgere il ruolo affidatogli dal ministro della Sanità dell’epoca, Francesco Storace. «Me lo fai questo piacere? Là c’è da mettere un po’ d’ordine», gli aveva chiesto come si fa con un amico. Vecchione andava a presidiare quello che nella logica avrebbe dovuto essere il ruolo chiave di un istituto di eccellenza come il Pascale, il principale centro tumori del Meridione, nonché uno dei 35 Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) italiani, autetici vanti della nostra medicina. Da quel giorno, invece, Vecchione se ne sta lì, con le mani legate, a presidiare un ufficio diventato una fortezza Bastiani. «Io però sono testardo - dice -. Non ho ancora un contratto e lo stipendio arriva sotto forma di anticipi, ma non è questo il problema. Lo è invece che il Pascale sia ancora senza il Regolamento d’indirizzo che mi metta in grado di esercitare le mie funzioni». Ovvero la gestione e il coordinamento della ricerca e dei fondi a essa destinati, nonché il parere vincolante sulle nomine di medici e paramedici.
Così si è arrivati al paradosso di un centro tumori costretto a noleggiare a 40mila euro al mese la macchina per la Pet (diagnosi con liquido di contrasto che evita bombardamenti radiologici) dato che manca l’ok per riparare quella guasta da oltre un anno. O all’increscioso, nel 2006, quando pur se per poco tempo sono mancati i soldi per alcuni chemioterapici. E che dire dell’insostenibile leggerezza contabile? Se per la Corte dei Conti era di 38 milioni di euro il deficit di chiusura 2005, quello messo a bilancio dagli amministratori risultava di 15. E se finalmente, proprio giorni fa, è stato presentato il previsionale 2007, mancano del tutto notizie di quello 2006. Miracoli napoletani!
A contrapporsi a Vecchione sull’interpretazione del Regolamento, nonostante i richiami oggettivi ricevuti da Giovanni Zotta (direttore degli Irccs presso il ministero), è il direttore generale, Mario Santangelo, da molti descritto come un despota. Accusa che lui respinge, parlando di «ottimi rapporti umani» con Vecchione. Del quale però tiene a ricordare che «non potrà avere un contratto finché non ci sarà il Regolamento». Che però dev’essere quello vergato da lui (e respinto da Vecchione), con ben 14 punti sui quali il ministero ha espresso perplessità. «Se a Roma vogliono modificarlo, lo facciano, io mi adeguerò», sbotta innervosito a chi glielo ricorda. La verità sta forse nel mezzo: al ministero sarebbe in atto un braccio di ferro tra la dirigenza tecnica che spinge per una decisione e quella politica - il ministro Livia Turco - che non sa decidere. Influenzata, si dice, dalle intercessioni in favore di Santangelo da parte della sua collega Anna Carloni, senatrice Ds e moglie di Antonio Bassolino. Indecisione o intercessioni che siano, il risultato è che un centro di ricerca di prestigio come il Pascale, senza un direttore scientifico abilitato a decidere, continua a languire.
A questo punto è lecito chiedersi chi sia mai Santangelo. Uomo di mondo della Napoli bene, prestante 71enne, il direttore generale è un apprezzato chirurgo, pur se più noto per la sua attività pubblica. Da sempre vicino ai Ds, sotto il loro ombrello ha svolto un’intensa carriera politica culminata nell’Assessorato regionale alla Sanità e proseguita alla presidenza delle Terme di Agnano, poltrona lasciata forzosamente (insieme a un bel disavanzo) per incompatibilità con la nomina al Pascale. Un «Barone rosso», insomma. Suo fratello Tino (notaio), che come ex repubblicano tende invece più sul rosé, oltre a essere stato presidente del carrozzone di Bagnoli Futura, è l’attuale vicesindaco di Rosa Russo Iervolino.
A portare Santangelo alla direzione generale, il 9 aprile 2005, era stata di fatto la legge di riordino degli Irccs - la 288/2003 - voluta dall’allora ministro Girolamo Sirchia. Legge che riservava al ministero la scelta dei direttori scientifici, ma lasciava quella dei direttori generali alle già fin troppo fameliche Regioni. «La 288 ha avuto l’effetto di una bomba - dice Domenico Ronga, presidente della Commissione nazionale Irccs della Anaao-Assomed, sindacato dei medici dirigenti - e si è tradotta in Campania nell’ansia immediata di Bassolino di nominare un suo uomo al Pascale». Santangelo, appunto.
«La 288 ha di fatto regalato agli appetiti locali queste “perle della corona” che sono sempre stati gli Irccs», rincara il professor Enrico Di Salvo, direttore scientifico dal 1° dicembre 2002, ma che a sei mesi dall'arrivo di Santangelo aveva rassegnato le dimissioni (agosto 2005). «Andai di persona da Bassolino a precisargli che dietro la mia scelta c'erano unicamente motivi personali - ricorda Di Salvo, uno che dedica le ferie ad avviare ambulatori nelle giungle amazzoniche e africane -. Ma il governatore, anziché ringraziarmi per non avergli creato un problema, cominciò a dire in giro che me ne ero andato perché afflitto da “problemi caratteriali”».
Così va lo «sgarruppato» governo della salute in questo pezzo di Sud. «Un territorio dove forse ci si ammala meno di tumore, ma che ha minori aspettative di vita», mastica amaro l'onorevole Angelo Giusto (Ds), presidente della Commissione regionale Sanità, noto critico di Bassolino. Per lui il Pascale è «un luogo senza pace che meriterebbe di rimanere un istituto di ricerca, ricco com'è di tante professionalità».

Quanto a Santangelo, «si è lasciato prendere la mano dal tecnicismo giuridico istituzionale, riavviando l’istituto sulla via dell’incertezza. Di questo passo, il ministero potrebbe anche commissariarlo per manifesta insofferenza alle sue disposizioni. Comunque vada, un gran peccato».

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