Gli avevano chiesto di versare il “pizzo” a rate, dato che la somma da pagare era di ben 125mila euro. Gli estorsori avevano anche previsto che la riscossione sarebbe avvenuta mese per mese, per un importo di 5mila euro ogni trenta giorni, fino al raggiungimento della cifra stabilita. Il commerciante non c’è stato al ricatto e si è recato alla polizia per denunciare ciò che era accaduto. Era l’estate di un anno fa quando il proprietario di un bar di Scampia, alla periferia di Napoli, è stato avvicinato da alcune persone. La minaccia non poteva essere equivocata; gli estorsori non gli avevano concesso alcuna alternativa, l’esercente doveva pagare o sarebbero stati guai. La scelta coraggiosa di denunciare da parte del piccolo imprenditore, sostenuto da un’associazione antiracket, è arrivata a un punto di svolta.
Come riporta il quotidiano online Napoli Today, l’imputato principale, il 42enne G. R., è stato condannato in primo grado a quattro anni e tre mesi di reclusione con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’uomo, adesso, è agli arresti domiciliari. Il pm aveva chiesto nove anni di carcere. Per gli altri quattro indagati, invece, che avevano scelto il rito abbreviato, le condanne vanno dai quattro agli otto anni di reclusione. Alcuni imputati, un anno fa, furono colti in flagrante dai poliziotti in borghese che si erano nascosti e avevano ascoltato in presa diretta la richiesta estorsiva.
A quanto pare, gli indagati apparterrebbero al gruppo criminale definito “abbasc Miano”, che avrebbe intensificato l’attività malavitosa in seguito all’azzeramento del clan rivale dei “Cifrone”. L’obiettivo delle persone condannate sarebbe stato quello di entrare in possesso, come soci occulti, del bar di Scampia.
Il commerciante non avrebbe potuto pagare una cifra così alta e quindi sarebbe stato costretto a cedere al ricatto degli estorsori. Questo era il piano, che è saltato per la coraggiosa denuncia da parte dell’esercente napoletano.
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