Per potersi lavare e per cucinare hanno comprato delle taniche di acqua. Per illuminarsi stanno utilizzando delle lampade a energia solare. Di riscaldamento nemmeno a parlarne. Così una famiglia vive da due settimane a Marigliano, in provincia di Napoli. Senza acqua e senza corrente, con un bambino di tre anni in casa.
Speranza ha 52 anni, è disoccupata. È una donna separata, madre e nonna. In seguito a uno sfratto con tre figli minorenni a carico, e dopo tre anni passati a casa del fratello, otto anni fa si sistemò in uno dei sei alloggi in cui è suddivisa una struttura realizzata abusivamente in via Strettola, conferita al Comune in seguito alla confisca a un imprenditore del posto. Dice che a trovargli quella soluzione fu il sindaco allora in carica, Antonio Sodano, che però oggi riferisce di non saperne nulla: “Quello che ricordo – afferma Sodano – è che la signora fu sfrattata e addirittura io, per darle una mano, le diedi la disponibilità del mio garage. I suoi mobili, tramite amicizie con qualche imprenditore, li portammo nel mio garage. Poi, lei trovò un’abitazione, dopo molto tempo e molti sit-in fuori alla mia stanza al Comune”.
Quale fosse quell’abitazione, non lo ricorda. Ma Speranza e i figli, senza dubbi, ripetono di continuo: “Qui ci ha messo il Comune, ci ha messo l’ex sindaco”. Di atti scritti che li autorizzano a stare in quel bilocale di circa 40 metri quadrati non ne sono stati mai redatti. Però, in quella abitazione che occupano senza alcun titolo, hanno la residenza.
L'occupazione quando le case erano già comunali
È una storia paradossale, ricca di ombre e intrecci, che oggi fa ripiombare Speranza e la sua famiglia nel baratro. La loro condizione di abusivi non gli consente di attivare regolarmente acqua e energia elettrica.
In questi anni si sono affidati a stratagemmi. “Quando siamo arrivati ci hanno detto che dovevamo pagare solo la corrente, veniva una persona a prendersi i soldi. Glieli abbiamo dati per i primi due anni. Poi si intestò il contratto una donna che viveva qui, e tutti pagavamo a lei”. “E se non pagavamo – svela Speranza – non ci facevano stare tranquilli, ci venivano a minacciare”. Racconta che negli anni più volte si è recata al Comune per chiedere di avere dei contratti regolari. Poi mostra una bolletta dell’Enel intestata a un’altra donna: “1600 euro da versare. Da dividere per 6 famiglie”. “Abbiamo pagato fino a quando non è arrivata questa bolletta – raccontano lei e la figlia – Dovevamo pagare 300 euro a famiglia, ma noi non consumavamo così tanto. Qui non c’era mai nessuno, la casa è piccola, i ragazzi andavano a scuola e lavoravano, e io non c’ero sempre”. “Quando arrivammo qui, 8 anni fa – spiegano – acqua e corrente già c’erano. Ci diedero le chiavi e ci dissero come pagare per la corrente”.
Chi gli diede quelle indicazioni, dovranno accertarlo gli organi giudiziari. L’acqua arrivava tramite un tubo che, almeno oggi, è collegato con una villa vicina, dove vivrebbe il figlio dell’imprenditore a cui è stato confiscato quell’immobile abusivo. “Ci diedero le chiavi a novembre del 2011 e entrammo a dicembre, a Natale di quell’anno già eravamo in questa casa”, raccontano Speranza e le figlie. E - se l’informazione fornitaci dall’attuale sindaco di Marigliano, Antonio Carpino, è esatta - quel complesso abusivo era già comunale all’epoca dell’occupazione: sarebbe stato acquisito al patrimonio dell’Ente locale tra il 2010 e il 2011.
Le ombre
Il primo cittadino assicura accertamenti: “Andrò a fondo, per vedere chi, all’epoca, quando non ero nemmeno consigliere comunale, andò a fare il sopralluogo e, invece di rilevare l’occupazione abusiva dell’abitazione, rilevò la presenza della signora e diede anche il parere favorevole per concedere la residenza”.
Verifiche dovranno essere svolte anche su un’altra circostanza venuta fuori negli ultimi giorni: sono state sporte querele in base alle quali altri nuclei familiari avrebbero pagato una quota mensile di 300 euro per occupare le abitazioni in cui è suddiviso lo stabile abusivo dove vive Speranza. Un affitto a nero versato a un privato quando le case erano già comunali. “Qui gli occupanti cambiavano come caramelle. Venivano, entravano e pagavano l’affitto”, dice Fortuna, la primogenita di Speranza. Dovranno fare chiarezza gli inquirenti.
Intanto, Speranza, i figli e il nipotino continuano a vivere nel degrado. Rispetto alla loro situazione di disagio, il sindaco di Marigliano, al momento, non fornisce soluzioni specifiche. Il primo cittadino ha mostrato chiusura al dialogo quando lo scorso 7 marzo la donna e la figlia maggiore, Fortuna, andarono a chiedergli corrente e acqua. Protestarono. Impedirono al sindaco di uscire dalla sua stanza. “Vogliamo pagare regolarmente, ma ci serve il suo consenso”, urlavano. Furono arrestate per aggressione e lesioni al comandante e a un agente della polizia municipale. Accuse che le due donne rigettano, mostrando dei video con cui stanno valutando se sporgere una controquerela. Per il 27 marzo prossimo è prevista presso il tribunale di Nola l’udienza del processo per direttissima. Problemi in più, oltre a quelli che già hanno.
Fortuna ha 29 anni e lavora part-time in un supermercato, la sorella 23enne pure, il fratello – di 21 anni – lavora saltuariamente. Per sbarcare il lunario hanno cominciato a lavorare da minorenni, mentre frequentavano la scuola. Incassavano meno di 100 euro a settimana. Con quello che guadagnano attualmente, con una mamma e un bambino da mantenere, dicono che non riuscirebbero a prendere in affitto un appartamento. Per il sindaco, invece, “queste signore stanno lì e dichiarano, ma non dimostrano, uno stato di bisogno. Da quando c’è questa amministrazione, soltanto in 3 casi, di fronte a uno stato di bisogno conclamato, abbiamo concesso temporaneamente l’utilizzo di un’abitazione di edilizia pubblica. Attualmente non abbiamo alloggi disponibili, ma a giorni avremo la graduatoria definitiva”.
Per Speranza, i figli e il nipotino non c’è posto: per loro non ci sono case popolari e nemmeno la possibilità di entrarci, perché non presentarono domanda quando tre anni fu pubblicato il bando per assegnarle. Ma a Marigliano c’è un rione, quello della 219, dove ci sono numerosi appartamenti di proprietà del Comune occupati abusivamente da tempo immemore, anche da pregiudicati. “Sono 502 alloggi di proprietà comunale, oltre 200 sono occupati dai legittimi assegnatari, altri 200-250 sono occupanti abusivi che hanno presentato domanda di regolarizzazione ai sensi di una legge regionale. Quelli che attualmente sono in condizione di abusivi senza aver presentato alcuna domanda, i cosiddetti insanabili, al settembre del 2018 erano 63. Tra poco partiremo con gli sgomberi, in base a dei criteri di priorità. Inoltre il 75% degli immobili sarà dismesso”, illustra il sindaco.
Finirà giù anche la struttura dove vive Speranza: “Le case devono essere sgomberate e demolite - annuncia Carpino - L’ufficio patrimonio si è attivato e adesso emetterà un’ordinanza di sgombero per tutti gli occupanti abusivi. Io sono venuto a conoscenza di questo fatto e li ho sollecitati, perché è un fatto che è emerso a fine settimana”. Ma la situazione di Speranza è molto nota a Marigliano, da tempo. Soprattutto all’interno del municipio, dove più volte, negli anni, la donna si è recata per protestare e chiedere aiuto. Come poi conferma lo stesso sindaco quando parla dell’ultima protesta: “La signora non è nuova a episodi del genere. Penso che nella mia stanza sia almeno il terzo o il quarto episodio. Altre volte erano venute a fare le solite rimostranze, sempre con gli stessi toni. Qualche anno fa è venuta addirittura con il bambino. Ma se uno viene e pretende, troverà un muro. E troverà una risposta violenta, come sarà in questo caso: dura e immediata”. Eppure, all’interno di quel complesso nato abusivamente, dove Speranza e la famiglia sono entrati con le chiavi ma vivono ufficialmente da abusivi, ci sono addirittura i bidoni comunali per la raccolta differenziata dei rifiuti, che vengono svuotati quasi ogni giorno dagli addetti. Mentre, di assistenti sociali la donna e i figli dicono di non averne mai visti in quell’alloggio dove abitano da quasi un decennio tra mille difficoltà.
Il primo cittadino smentisce. Afferma che i servizi sociali di relazioni sulla loro situazione ne hanno stilate: “Sulle condizioni del bambino e sulle loro. I servizi sociali hanno verificato le condizioni del bambino e viveva tranquillamente, in condizioni idonee. Non hanno mai evidenziato delle criticità nel suo trattamento”. Ma a subire la situazione di disagio i cui vivono Speranza e la sua famiglia c’è anche lui, un piccolo di 3 anni. Sulla situazione del minore, Carpino dichiara: “Ho informato il tribunale per i minorenni di Napoli. La mamma dichiarò che avrebbe collocato il bambino presso parenti. Poi, se lo tiene ancora lì, dovremo far intervenire di nuovo i servizi sociali e notiziare ulteriormente il tribunale”. Precisa, poi, che “all’atto del sopralluogo è stato contattato il pubblico ministero di turno, che ha autorizzato il distacco delle forniture”, e che a Speranza aveva offerto “di ospitarla presso un centro di prima accoglienza”.
“Quante ne abbiamo passate qui dentro. Sono andata sempre dai carabinieri, perché qui non siamo stati mai tranquilli. Ci facevano delle cattiverie. Non so chi. Ci staccavano la luce, l’acqua, io andavo sempre al Comune a combattere e venivano attaccate di nuovo”, ricorda Speranza. “Era tipo camorra”, aggiunge la figlia, Fortuna. Nonostante ciò, hanno continuato a vivere in quel posto, all’interno di una casa umida, tra pareti piene di muffa, sotto un soffitto da cui gocciola acqua quando piove. L’unica che dicono di potersi permettere, nonostante le condizioni in cui versa. E pare che tra poco gli toglieranno anche quella.
“Si tratta di immobili che non hanno alcun requisito di abitabilità – chiarisce il sindaco Carpino – Sono costruite con criteri dubbi. Sono coperti con la mira coibentata, i muri non sono portanti. Quindi ci sono anche problemi di stabilità dell’immobile, almeno questo è quanto emerge dalla relazione dell’ufficio tecnico”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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