Nashrallah ha vinto un’altra volta

Mario Cervi
Quali che siano gli accordi raggiunti per l'invio in Libano, sotto l'egida dell'Onu, d'una forza multinazionale, il nodo fondamentale della situazione - ossia il disarmo di Hezbollah - è e resterà irrisolto. Hezbollah rifiuta il disarmo; la sinistra italiana - in altre occasioni strenua sostenitrice dell'Onu - considera «pazzia pura» il proposito d'attuarlo benché proprio una risoluzione del Palazzo di vetro lo preveda; esperti e comandanti militari lo ritengono tecnicamente irrealizzabile. Oliviero Diliberto, mente fervida, ha pronta la soluzione: «Inquadrare le milizie Hezbollah nell'esercitoregolare del Libano». Bravo, così l'esercito regolare diventerà un esercito hezbollah. Il che piacerebbe tanto a Diliberto, ma è esattamente l'opposto degli obbiettivi cui tendono l'Europa e gli Stati Uniti.
Il problema del disarmo galleggia dunque su un Oceano di ambiguità. Alle quali il ministro degli Esteri Massimo D'Alema contrappone almeno una certezza. A causa della «disgraziata guerra» di Israele - ha detto - la popolarità di Hezbollah in tutto il mondo arabo «è enormemente cresciuta». Colpa insomma del bellicismo di Gerusalemme, che ha regalato a Hezbollah una vittoria politica. Il ragionamento potrebbe anche essere convincente, se non ricordassimo che nel 2000 Israele si è ritirato unilateralmente, ossia senza contropartite, dal Sud del Libano. Come fu accolto da Hezbollah questo gesto di pace? Cito il vociante Nasrallah, leader dell'organizzazione: «Non si può facilmente ignorare il risultato riportato da Hezbollah, quello cioè di essere rimasto quasi l'unico gruppo all'interno degli Stati arabi impegnato nella lotta armata contro Israele. Hezbollah ha realizzato ciò che a nessun Paese o esercito arabo era mai riuscito, ossia l'espulsione di Israele da territori arabi senza che gli arabi abbiano dovuto fare nessuna concessione». Insomma Hezbollah vince se Israele fa un gesto di pace, Hezbollah vince se Israele fa la guerra.
Si osserva tuttavia, in salotti buoni della sinistra, che Hezbollah ha in Libano un forte sostegno popolare, è presente in Parlamento, insomma le regole della democrazia impongono di rispettarla, come movimento politico (un motivo di più, secondo alcuni, per evitarne il disarmo forzato).
Qui bisogna intendersi. La democrazia è volontà della maggioranza: ma l'equivalenza democrazia uguale libertà e osservanza dei diritti civili è pretestuosa. Un Afghanistan a maggioranza talebana non sarebbe mai un Afghanistan libero, la vittoria elettorale dei fondamentalisti negli Stati islamici non porta mai a un regime libero, porta sempre a un autoritarismo fanatico. Vi sono diritti umani e civili non rinunciabili e non negoziazbili in base a criteri di maggioranza e minoranza. Sono i diritti sanciti tra l'altro dalla carta delle Nazioni Unite. Libertà di riunione, di associazione, di credo politico, di stampa. Senza discriminazioni di razza, di sesso, di lingua o di religione. I nostri estimatori dell'Onu a corrente alternata ritengono che Hezbollah sia in regola con questi precetti? Ritengono che lo sia la dirigenza palestinese? Ritengono che lo sia la quasi totalità degli Stati arabi? Mi pare evidente che l'unico Stato dell'area mediorientale cui possono essere riconosciuti gli accennati requisiti è proprio Israele.

Curioso ragionamento quello di D'Alema: siccome gli arabi hanno inneggiato alla vittoria di Hezbollah dopo questa guerra - inneggiarono alla vittoria di Hezbollah anche dopo il ritiro israeliano del 2000 - bisogna cambiare registro. E, evidentemente, non disarmare Hezbollah, che con voce tonante proclamerà il suo nuovo trionfo.

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