La campagna bestiale contro fratello lupo e compare orso

A Bolzano e Trento i partiti si interrogano su come convivere con il lato selvaggio della civiltà

La campagna bestiale contro fratello lupo e compare orso
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Attenti al lupo, come in una vecchia canzone di Lucio Dalla che allora, anno di grazia 1990, era un’allegra filastrocca e adesso sembra quasi profetica, in tutti i sensi. «Amore mio, non devi stare in pena. Questa vita è una catena, qualche volta fa un po' male». A Bolzano ogni primo sabato del mese c’è il mercatino delle pulci, le bancarelle segnano la passeggiata lungo il fiume Talvera, e qui quando è tempo di raccogliere voti i politici di tutte le parti ogni tanto si fanno vedere. Di solito prometto investimenti, posti di lavoro e tutto il benessere che arriva dalla sacrosanta autonomia. L’Alto Adige è il nord del nord o il sud di una patria perduta, dipende da come lo si vede. Solo che queste sono storie che non tirano più, adesso la questione è lui, il feroce predatore, quello antico delle favole, che è tornato a fare paura. Che fare dei lupi?
Qui il 22 ottobre si conta il consenso e a quanto pare chi sta con il lupo si farà male. La data è la stessa delle regionali.
Le elezioni per le due province autonome ci saranno pure a Trento. Non è che le cose siano tanto diverse, ma qui si cammina su un altro lato selvaggio. Il lupo? Sì, magari il lupo fa sempre un po’ paura, ma vuoi mettere la disgrazia dell’orso? Quello ormai ti arriva quatto quatto sotto il balcone di casa o te lo ritrovi alle spalle nei sentieri sperduti del bosco. Se vuoi però capire cosa accomuna l’orso e il lupo devi seguire i soldi. Sono la tassa naturale che colpisce allevatori e contadini e l’interesse elettorale è soprattutto lì. Nessuno vuole perdere i voti degli uomini della frontiera e dei proprietari terrieri che da queste parti fanno la differenza.
È così che Arno Kompatscher, presidente uscente della provincia di Bolzano, nato a Fiè allo Sciliar, una carriera nel Südtiroler Volkspartei, giacca liberal logorata dal potere, si ritrova a firmare l’ordinanza per l’abbattimento di due lupi che non si vogliono arrendere. Allo stesso modo Maurizio Fugatti, presidente a Trento in provincia e regione, cresciuto a Avio, leghista per Salvini, ci mette la faccia sulla sorte dell’orsa F36, a cui nessuno qui se la sente di dare un nome e viene battezzata con una sigla che da lontano ricorda una Ferrari o un caccia. È un modo per esorcizzare il senso della tragedia. Ora se si va in Trentino o in Alto Adige, dove in genere non si va d’accordo su nulla, buona parte di quelli che senti parlare, anche chi ama sinceramente gli animali, ti dice che il problema della natura selvaggia non si può liquidare con un appello alle buone intenzioni. Il problema esiste e sono tanti i motivi per cui non si riesce a convivere con l’orso e con il lupo.
Il principale è che per anni in pochi si sono posti il problema. L’inatteso è che ora Kompatscher e Fugatti, e molti degli altri candidati, stanno in questo autunno del 2023 a improvvisarsi capi villaggio di una sorta di medioevo, costretti a promettere alla popolazione che le fiere non entreranno in città. Scacceremo la paura.
È una seduta di psicoterapia, quasi un modo più o meno inconscio per scaricare la paura verso l’altro, verso il prossimo, quella respirata negli anni della pandemia, sull’orso e sul lupo. È un transfert. È una promessa di sicurezza verso il lato oscuro dell’esistenza. È in questi casi che servirebbe un santo, uno di quelli grossi. Come si fa a convivere con le ombre del bosco? Ti viene in mente la leggenda di San Francesco. «Apparì nel contado di Gubbio un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma perfino gli uomini. Tanto che tutti andavano in giro armati, come se andassero a combattere». San Francesco come si sa parlò con fratello Lupo e lo convinse che era meglio convivere in santa pace.
Si accucciò ai suoi piedi, come in cerca di coccole.
A Bolzano non sembra ci siano santi e non c’è da aspettarsi miracoli. Neppure a Trento.
La soluzione sulla convivenza spetterebbe agli umani, anche perché gli altri animali in genere non votano. È che al momento sull’orso e sul lupo è partita una appassionata, e un po’ surreale, giostra di parole.
Arrivano i buoni e fanno picchetti in città, qualcuno così esagerato da far pensare che l’orso sia Yoghi e il lupo Alberto. Arrivano i cacciatori e brindano a una vaga idea dell’Europa di togliere ai lupi lo status di animale protetto. Il sospetto è che siano già li pronti a salvare la nonna e Cappuccetto Rosso.

Arrivano i coltivatori diretti e cifre alla mano lamentano che i lupi in Italia sono 3300 e le pecore in un lustro sono diminuite del 5 per cento. Ergo: salviamo gli agnelli. E di questo se ne riparlerà a Pasqua, che anche quest’anno cade dopo le elezioni.

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